Oggi pare d’obbligo odiare il pubblico

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La Cgil è vicina alle famiglie ai lavoratori umbri per questo grave lutto determinato dall’odio cieco. Troppo spesso i dipendenti pubblici sono stati oggetto di campagne e attacchi denigratori. Considerati di volta in volta privilegiati, garantiti, fannulloni. Questa tragedia deve richiamare tutti a una seria riflessione. I lavoratori pubblici sono servitori dello Stato che meritano rispetto. Il lavoro pubblico subisce continui attacchi, quando invece andrebbe tutelato.
I governi Berlusconi e Monti hanno progressivamente ridotto il perimetro di intervento pubblico, determinando per questa via una contrapposizione tra gli interessi dei cittadini, il lavoro pubblico, tutto ciò che è pubblico. La Cgil si batte per la valorizzazione del lavoro pubblico, punta a una riforma della pubblica amministrazione che la renda più vicina ai cittadini.
Il conto annuale della pubblica amministrazione fotografa un’occupazione in continuo calo e stipendi sempre più bassi. Se nel 2011 il numero dei dipendenti a tempo indeterminato era pari a 3.282.999, rispetto al 2007 – in cui i dipendenti erano 3.429.271 – il calo è di 146.272 unità , pari al 4,26%. Rispetto al 2008 il calo è ancora più marcato, -153.815, pari al 4,45%.
Per quanto riguarda i lavoratori a tempo determinato e con contratto di formazione il calo è del 27% (da 117.767 nel 2007 a 86.467 nel 2011). I lavoratori con collaborazione coordinata e continuativa passano da 81.753 nel 2007 a 42.409 nel 2011, con una riduzione del 48%. Solo in piccola parte la riduzione dei dipendenti a tempo determinato è dovuta ai provvedimenti di stabilizzazione del governo Prodi, non a caso negli anni è diminuito anche il numero dei dipendenti a tempo indeterminato. La riduzione corrisponde piuttosto ai continui tagli alla pubblica amministrazione, che hanno portato al mancato rinnovo dei contratti con un’effettiva perdita di posti di lavoro.
Sul piano dei salari il costo del lavoro passa dai 157,81 miliardi di euro nel 2007 ai 163,59 nel 2011, con un incremento del 3,66%. Se si prendono in considerazione i dati dell’Aran (agenzia per la contrattazione nella pubblica amministrazione) sull’inflazione programmata ed effettiva, si scopre però che le retribuzioni pubbliche segnano una perdita di potere d’acquisto pari al 4,74%. E perfino rispetto all’inflazione programmata, si evidenzia una perdita pari al 3,34%.
Se consideriamo un valore medio del punto di inflazione pari a circa 20 euro, solo per effetto inflattivo, si può stimare una perdita lorda media di circa 95 euro al mese pro-capite, senza contare gli effetti del prelievo fiscale e il mancato recupero di produttività . Tutto ciò si inserisce nella più generale perdita del potere di acquisto dei salari, che sta producendo un allargamento delle diseguaglianze e un aumento della povertà . Così come si evince dalla riduzione dei consumi delle famiglie.
* Segretario confederale Cgil – responsabile dei settori pubblici


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