Il mostro sta per arrivare
GIOIA TAURO. Il mostro è negli abissi del Tirreno, pronto a ergere la testa e a mulinare gli artigli. A oltre 10 anni dalla proposta di realizzazione del più grande rigassificatore d’Italia, quello di Gioia Tauro, siamo a un punto di svolta. Oggi il Comitato Portuale si pronuncerà sulla concessione quarantennale di un’area demaniale nella zona industriale di San Ferdinando alla Lng MedGas Terminal. Una concessione necessaria a impiantare i tubi di canalizzazione del gas.
Finisce così un iter autorizzativo costellato di irregolarità a cominciare dalle prime autorizzazioni rilasciate nel 2009 dalle giunte commissariali di Gioia, San Ferdinando e Rosarno, sebbene carenti della legittimazione a decidere. Ma il vero scandalo è contenuto nell’art.38 del decreto sviluppo del governo Monti che inopinatamente ha messo a tacere le obiezioni mosse in ben due occasioni dal Consiglio superiore dei Lavori Pubblici. «Mancanza di studi sismici e carenze nella sicurezza» avevano evidenziato i tecnici. Ma le lobby dell’industria energetica son troppo potenti. E così ecco sbianchettate dal governo Monti prescrizioni e bocciature del Consiglio superiore. E la strada per il mostro è di fatto spianata.
Ma cos’è in concreto questo rigassificatore della discordia? «Il rigassificatore è un impianto che trasforma il metano dallo stato liquido allo stato gassoso – ci dicono gli attivisti della Rdt “Franco Nisticò”- per poi immetterlo nei gasdotti. La legge lo inserisce tra gli impianti a rischio rilevante di incidente. Per costruirlo verranno distrutti 47 ettari di agrumeti. Scaricherà nel nostro mare acqua fredda e arricchita di candeggina. L’impianto verrà costruito in una zona altamente sismica come la nostra, sottoponendoci al rischio di una catastrofe. Secondo pareri scientifici se le cisterne dovessero esplodere si creerebbe una nube incendiaria che distruggerebbe ogni cosa nel raggio di 55 km».
Il mostro non porterà significativi aumenti occupazionali e anzi potrebbe compromettere l’attività del porto di Gioia. «La Calabria esporta energia, questo gas non ci serve – ribadiscono i No rigas – ma serve solo alle lobby dell’industria energetica per speculare sulla commercializzazione in Europa di questa risorsa. Serve a chi gozzoviglierà con i cantieri, a chi controllerà quei “quattro” posti di lavoro che saranno elargiti al territorio. Gli occupati a regime saranno solo 100 secondo i dati della stessa Lng MedGas Terminal. Tutti altamente specializzati e non reperibili in loco. A fronte delle migliaia che se ne perderanno, già solo nella pesca e nel turismo o al porto».
Purtroppo fa un certo effetto notare come la Cgil si sia schierata a favore del progetto. Questo impianto è assolutamente inutile per la Calabria che da anni è attraversata da un grande gasdotto proveniente dal nord Africa mentre parti importanti del territorio regionale non sono ancora metanizzate. Paradossalmente, quando sarà terminato la Calabria sarà la regione più gasificata d’Europa e, al contempo, la meno servita. Sarà come avere i piedi immersi in un’enorme sorgente senza poter bere. «Le ricadute occupazionali saranno irrisorie sia nella fase della costruzione che della gestione. Negli ultimi dieci anni sono state realizzate varie centrali termoelettriche a turbogas da 800 megawatt (Altomonte, Rizziconi, Scandale) costate più del miliardo del rigassificatore ma non ci pare che si sia verificato un impatto occupazionale significativo» rileva il Prc regionale.
Il mostro è, dunque, pronto a entrare in azione. A divorare il suolo agricolo, ad alterare l’equilibrio termico e biologico marino, a devastare quel poco di pesca che si pratica ancora, a mettere la pietra tombale sul turismo balneare. Con gravi ripercussioni anche sul porto di Gioia. Il progetto del rigassificatore è probabilmente il frutto di uno schema preciso per spostare il baricentro del transhipment dal Tirreno calabrese all’Adriatico. Va da sé che la boa del rigassificatore renderà disagevoli le operazioni di transhipment, costituendo una zavorra ingombrante, che costringerà le navi a girare alla larga e prendere il largo verso altri porti.
Infine, non si può dimenticare la storia di questa bomba atomica vagante per la Calabria. Qualche anno fa era stata proposta la sua costruzione a ridosso del porto di Corigliano: stessi promotori, stesse modalità . Lì il movimento popolare di cittadini, agricoltori, ambientalisti riuscì a sventare l’operazione. Questa volta è più difficile. La mobilitazione, ad ogni modo, non si è fermata. Stamane presidio davanti al porto di ambientalisti e partiti della sinistra. Il mostro fa tremendamente paura.
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