La finta «cittadella» siriana dove gli Usa addestrano i ribelli
WASHINGTON — Una cittadella con 67 edifici, l’aeroporto, il jet passeggeri, la finta ambasciata, strade e piste. Poi postazioni di tiro d’ogni tipo. È «KASOTC», un centro militare a nord di Amman, in Giordania. È qui che militari americani, francesi e britannici addestrano i ribelli siriani dell’Esercito libero. Quelli «buoni», da contrapporre ai «cattivi», allineati su posizioni qaediste.
Il quotidiano Le Figaro, citando fonti mediorientali, ha fornito qualche particolare sull’attività coperta, rivelando anche la presenza di soldati della Delta Force americana in una base nei pressi di Beirut, Libano. Secondo la ricostruzione i commandos statunitensi, oltre a preparare i ribelli, compiono ogni tanto missioni di sorveglianza all’interno del territorio siriano. Incursioni — si dice — per tenere d’occhio i depositi che ospitano le armi chimiche di Assad. Nel caso gli arsenali fossero a rischio gli Usa, insieme ai partner europei, potrebbero agire usando proprio le installazioni in Giordania come trampolino. Ed ecco spiegato lo schieramento dei «consiglieri» a «KASOTC».
Il centro d’addestramento giordano è ritenuto tra i più adatti per la preparazione di unità combattenti e, a volte, ospita «gare» tra le forze speciali dei paesi alleati. Nell’ampio poligono gli insorti siriani sono preparati all’uso di sistemi contro-carro, ad agire in zone urbane, a creare trappole, a fronteggiare reparti convenzionali, a utilizzare tattiche che permettano loro di sostenere l’urto della Guardia di Assad. È probabile che il corso sia legato all’invio delle armi croate comprate dai sauditi e girate a formazioni di insorti ritenute più affidabili. Un programma che non può essersi materializzato senza il consenso degli Usa, allarmati come i giordani e gli israeliani dalla crescita qaedista in Siria. Anche se poi le vie delle armi — è noto — sono infinite. E infatti sembra che parte dell’equipaggiamento sia finita alle brigate filo-jihadiste.
I timori sono cresciuti nelle ultime ore per quanto è avvenuto in Iraq, in un’area vicina al confine siriano. Militanti islamisti hanno teso un agguato a un convoglio iracheno che trasportava soldati di Assad, elementi che avevano trovato rifugio nel paese dopo una serie di combattimenti. Nell’attentato hanno perso la vita 48 soldati siriani e 9 iracheni. L’episodio è una conseguenza del gioco delle alleanze regionali. Da una parte ci sono insorti qaedisti siriani e i loro «fratelli» iracheni, tutti di fede sunnita. Dall’altra l’Iraq, dominato dagli sciiti, e l’Iran, entrambi al fianco di Assad. Due crisi parallele che ora si intersecano. Durante il fine settimana Bagdad avrebbe inviato le proprie truppe a Yarobiya (Siria), località alla frontiera teatro di scontri tra islamisti e lealisti. Il settore è piuttosto importante per gli insorti perché acquistano molte delle loro armi e munizioni dall’enorme mercato nero iracheno e dunque è importante controllare il «corridoio» dei traffici. Altrettanto importante per Bagdad puntellare l’amico Assad. In una prima reazione, un portavoce dell’esecutivo iracheno ha avvertito che «resisteremo ai tentativi di estendere il conflitto». Tempesta che coincide con un importante successo degli insorti nel nord, dove hanno conquistato il loro primo capoluogo, quello di Raqqah. Decine le vittime nella battaglia.
Guido Olimpio
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