I ribelli avanzano nel Nord della Siria

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Le brigate ribelli siriane riportano rilevanti vittorie nel Nord del Paese. E Moaz al Khatib, neoleader della Coalizione nazionale siriana, la più nota organizzazione politica operante all’estero che cerca di porsi alla testa della rivoluzione, ne approfitta per compiere la prima visita pubblica nella regione di Aleppo dalla sua elezione nel novembre scorso.
Segnali che paiono indicare una prossima svolta a favore dei ribelli nella situazione di stallo che da metà  autunno vede le due parti impegnate in combattimenti sanguinosi. Il più importante è giunto nelle ultime 24 ore, quando le forze rivoluzionarie hanno catturato la base dell’accademia di polizia a Khan al-Assal. L’annuncio è corredato di video che mostrano le milizie all’interno della base mentre calpestano le fotografie del presidente Assad. Una vittoria costata cara. Le organizzazioni umanitarie parlano di quasi 200 morti per un assedio di 8 giorni. Vanno ad aggiungersi agli ormai ben oltre 70.000, in larga parte civili uccisi nei bombardamenti indiscriminati dell’esercito lealista, segnalati dall’Onu dallo scoppio delle sommosse nel marzo 2011 ad oggi. Si tratta di una sconfitta grave per i fedelissimi di Assad. A Khan al-Assal avevano posizionato le artiglierie pesanti che sparavano sui quartieri di Aleppo in mano ai ribelli (quasi il 60 per cento dell’area urbana) a soli 7 chilometri di distanza. La situazione per loro potrebbe diventare ancora più critica se i nemici riuscissero a prendere anche l’aeroporto internazionale, già  sotto assedio da oltre un mese. I ribelli comunicano inoltre di avere liberato il famigerato carcere di Ar Raqqah, 200 chilometri a Est di Aleppo, e il posto di frontiera con l’Iraq a Rabia. Da Bagdad il governo di Nouri al Maliki, che sostiene il regime di Damasco, ha dato ordine di bloccare il transito di persone e merci.
Si comprende dunque il significato della mossa di al Khatib in questo contesto. In crisi di legittimità  tra molte delle brigate rivoluzionarie che rifiutano qualsiasi negoziato con il regime e non si fidano dei politici all’estero, al Khatib cerca consensi e tenta di rilanciare le richieste di aiuto alla comunità  internazionale. Decisamente deluso dalle aperture americane all’invio di aiuti «non-letali» nei giorni scorsi, sa anche che il rapporto con gli occidentali può arginare la crescita di rilevanza delle componenti jihadiste nel suo campo. Dal canto suo Assad ripete in un’intervista al Sunday Times di non aver alcuna intenzione di dimettersi e critica il governo britannico, più aperto alla possibilità  dell’invio di armi ai ribelli rispetto a Washington.


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