Italia, trincea di guerra regno dell’ingiustizia

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Una tesi smentita dalla Fillea-Cgil secondo la quale l’Inail ragiona ancora su «dati virtuali». Soprattutto nel campo dell’edilizia, dove il lavoro sommerso dilaga anche durante la crisi, gli operai infortunati preferiscono restare a casa, accettare un risarcimento in nero, evitando di presentarsi davanti a un giudice. A fronte di una diminuzione del 40% degli addetti iscritti alle casse edili, gli infortuni sono infatti schizzati a +13,25% e le morti a +47,19%.
Alla luce di quanto è accaduto ieri all’Ilva si può aggiungere un altro parametro per valutare la reale condizione del lavoro, oggi, in Italia. Molto dipende dalle dimensioni degli impianti, e dal numero delle persone che ci lavorano al mattino, e di notte si occupano della manutenzione. Alla batteria nove delle cokerie dell’Ilva, dove alle 4,40 lavoravano Ciro Moccia e Antonio Liddi, nel 2004 è morto Silvio Murri. Negli ultimi tre mesi nello stesso impianto sono morti Claudio Marsella (29 anni) e il gruista Francesco Zaccaria. Le testimonianze raccolte a Taranto raccontano di un’organizzazione del lavoro che assegna mansioni multiple e carichi difficili da sostenere. Un impianto come l’Ilva è una concentrazione altissima di rischi, e queste sono le precondizioni ricorrenti affinché un incidente accada. Fillea-Cgil si è soffermata sulla difficoltà  della magistratura di fare giustizia e questo è un elemento deterrente per i lavoratori che rinunciano a sporgere denuncia. Lo ha ricordato anche Cosimo Semeraro, presidente del Comitato delle vittime sul lavoro 12 giugno, nato dieci anni fa dopo la morte di due lavoratori Ilva. La Cassazione ha comminato pene lievi ai responsabili della tragedia dove Murri perse la vita. Una tendenza ben rappresentata dalla sentenza di ieri al processo Thyssen. Il lavoro, trincea di guerra, regno dell’ingiustizia.


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