Samer Issawi, un altro prigioniero politico in fin di vita
GERUSALEMME. In rete l’allarme corre veloce, rilanciato da twitter e facebook. Samer Issawi sta male, sempre di più, dopo 210 giorni di sciopero della fame alleviato solo da flebo di glucosio e sali minerali. Le condizioni del prigioniero politico palestinese si sono aggravate ulteriormente mercoledì, tanto che le autorità carcerarie israeliane ne hanno chiesto il ricovero immediato all’ospedale di Rehovot. I medici fanno sapere che Issawi è «in condizioni stabili» ma i palestinesi non si fidano e chiedono la liberazione del detenuto, residente a Gerusalemme. Non si fidano dopo aver appreso dei risultati dell’autopsia effettuata dagli specialisti dell’istituto israeliano di Abu Kabir che escludono nettamente abusi e torture sul detenuto palestinese Arafat Jaradat, morto la scorsa settimana nella prigione di Megiddo «per un arresto cardiaco» anche se non era malato di cuore e aveva qualche costola rotta.
Ieri il ministero della sanità di Israele ha comunicato che anche i test microbiologici non rivelano elementi a sostegno della tesi di percosse e torture subite da Jaradat durante o dopo un interrogatorio. E ha inviato ai giornalisti stranieri a Gerusalemme una mail per spiegare che le costole rotte di Jaradat sarebbero la conseguenza dei tentativi di rianimarlo con il massaggio cardiaco. Ma queste spiegazioni, peraltro non nuove, non risultano convincenti. Le pressioni internazionali hanno spinto il ministro israeliano per la sicurezza pubblica, Yitzhak Aharonovitch, ad ordinare una nuova autopsia, questa volta al cospetto di un medico indipendente straniero. I risultati si attendono tra qualche giorno ma le pressioni su Israele non cessano. Richard Falk, responsabile del Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani in Israele e Palestina, chiede che siano medici internazionali e non israeliani a svolgere gli esami per accertare le cause della morte di Jaradat. «Il dottor Alul (il medico palestinese presente ad Abu Kabir, ndr) ha notato segni di tortura sul corpo del giovane Jaradat, in piena salute prima di entrare in carcere. Non ci sono prove di un infarto mentre ci sono i segni della tortura: un’inchiesta internazionale e indipendente va subito aperta», ha chiesto Falk.
Le lotte dei prigionieri politici continuano a tenere alta la tensione in Cisgiordania dove oggi, da Maasra a Bilin, da Nilin a Nabi Saleh, migliaia di manifestanti palestinesi oltre a protestare, come ogni venerdì, contro il Muro israeliano e la confisca delle terre, invocheranno la scarcerazione immediata dei detenuti, a cominciare da Samer Issawi e gli altri che fanno lo sciopero della fame. Ieri Tareq Qaadan e Jafar Azzidin hanno sospeso il digiuno intrapreso tre mesi fa dopo aver ottenuto dalle autorità israeliane che non saranno prolungati gli arresti amministrativi (il carcere senza processo) nei loro confronti. Altri tre prigionieri hanno però cominciato lo sciopero della fame. Si tratta di Ibrahim Ibrahim di Gerico, Mohammed Najar di Hebron e Abdallah Hadiyeh di Betlemme, tutti e tre arrestati nelle scorse settimane. Come Samer Issawi non si arrende Ayman Sharawne che prosegue lo sciopero della fame a oltranza. L’obiettivo è la liberazione incondizionata, ma Israele al momento offre solo la deportazione dei detenuti nella Striscia di Gaza, ossia il trasferimento da una prigione normale ad una enorme a cielo aperto. Dall’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) giunge un ammonimento: Israele è responsabile per i prigionieri politici palestinesi chiusi nelle sue carceri. La morte di uno dei detenuti in sciopero della fame, lascia intendere l’Olp, potrebbe scatenare la terza Intifada contro l’occupazione.
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