Se gli USA perdono una taglia

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NEW YORK. Buio in sala, luci sul palco. Due ragazzine si abbuffano sedute al tavolino lucido di un fast-food: hamburger immersi nel grasso, bicchieroni di bibite gassate. Poi incerte sul da farsi si fermano sulla panchina di un parco e decidono di non andare a giocare a basket ma di star ferme a riposare. Nel torpore sospeso tra sogno e realtà  appare loro uno strano angelo post moderno con ali minuscole bianche e una giacca rossa che a ritmo di rap canta: «Scegli il tuo cibo, scegli il tuo cibo. Mangia bene, mangia leggero. Tu hai il potere, tu hai il potere». Inizia così lo spettacolo My Plate che ha coinvolto quasi cinquemila studenti e toccato (più volte nel corso degli ultimi sette anni) cinquanta istituti pubblici di New York. E, come spesso accade alle piccole storie, quella che va in scena nel teatrino di questa scuola elementare nel Queens può diventare il simbolo di una grande vittoria: far dimagrire l’America. Passo dopo passo, anzi salto dopo salto riuscire finalmente a vincere forse la battaglia più difficile nel campo della salute negli ultimi trent’anni: quella contro l’obesità , il diabete e le infinite malattie collegate.
La vittoria ora è piccola, ma la certezza della matematica autorizza a celebrarla: per la prima volta negli ultimi dieci anni una grande ricerca federale prova che i ragazzini iniziano ad ingurgitare meno calorie.
Un’inversione di tendenza, racconta il New York Times, che non significa aver già  sconfitto il nemico ma è la prova che il timone ora punta sulla rotta giusta, anche se un transatlantico (come il popolo americano) ha bisogno di tempo e di un equipaggio numeroso per virare. I numeri prima di tutto. Per i ragazzi le calorie sono calate del 7 per cento dal 1999 al 2010 portandosi a quota 2100. Le ragazze le hanno ridotte del 4 per cento con una razione giornaliera di 1.755. Dati migliori per i maschi tra i due e gli undici anni, mentre le teen-ager sono le più brave nelle rinunce. Tra i gruppi etnici vanno bene i bianchi e gli afroamericani, mentre gli ispanici sono ancora in ritardo.
Ma la cosa che ha colpito l’attenzione dei ricercatori non sono tanto i dati aritmetici ma la loro qualità . Infatti la frenata delle calorie è legata alla riduzione di carboidrati e zuccheri: il famigerato zucchero, che invade in dosi massicce merendine, snack e bevande gassate, il principale imputato del vertiginoso aumentodell’obesità infantile negli anni scorsi.
«Le cifre sono ancora troppo piccole per far festa, ma provano senza dubbio che c’è una trasformazione importante in atto», dice la docente di scienza alimentare Marion Nestle (il destino nel nome) che ha curato insieme ad altri la ricerca. In molte città  prese in esame il calo si nota ancora di più e, se la media nazionale resta bassa, i focus sulle singole aeree danno risultati molto più marcati.
«La cartina è a macchia di leopardo: ci sono posti come New York dove le statistiche sono incoraggianti e altri dove invece siamo ancora indietro con il lavoro»: dice in un’intervista al New York Times Brian D. Elbel della Nyu che ha studiato a lungo il lavoro dei colleghi. Poi aggiunge: «Quel che conta è che abbiamo iniziato a muoverci. Questo è l’aspetto più forte, quello che ci deve far sperare».
Ed è più culturale che scientifico l’altro dato che ha stupito positivamente i ricercatori: il calo delle calorie consumate dagli adulti americani nei fast food: «Siamo passati dal 12,8 per cento all’11,3. E sono gli uomini e le donne tra i 40 e i 59 anni ad avere cambiato per primi le loro abitudini», spiega Cynthia L. Ogden che ha guidato lo studio condotto con sondaggi in tutto il paese.
È proprio sulla rivoluzione culturale che Michelle Obama punta per vincere la crociata che si è scelta tre anni fa quando ha lanciato il suo manifesto per la salute e la corretta alimentazione, Let’s Move.
E ora nel terzo anniversario del programma parte in un viaggio di due giorni per festeggiare i primi risultati e dar loro nuovo impulso. Un tour che, non a caso, passerà  dal Mississippi dove grazie a regole innovative sull’alimentazione e alla nuova campagna l’obesità  infantile è calata del 13% dopo essere stata a livelli record. Ma la First Lady non si ferma e in questi giorni domina completamente la scena (Oscar a parte): video su youtube dove ride e scherza con Big Bird, l’uccello giallo dei Muppets. Apparizioni televisive come l’ormai virale «nuova danza della mamma» nello show di Jimmy Fallon. Un accordo firmato nei giorni scorsi con le più grandi società  di media americane da Condé Nast a Hearst che si sono impegnate a dare risalto sui loro siti tutte le notizie di Let’s Move.
E, ovviamente, interviste televisive (che il Washington Post riassume in un blog) usate per ribadire la propria filosofia: «Dobbiamo impiegare il nostro tempo per insegnare ai bambini e ai ragazzi l’importanza del mangiare sano, del mangiare bene. Dobbiamo spiegarlo ai genitori, partire da loro. Incoraggiare il movimento, l’attività  fisica. Dobbiamo essere consapevoli che una giusta alimentazione oltre ad essere vitale per la salute ti dà  la possibilità  di ottenere ottimi risultati a scuola, nelle università  ed avere così un futuro migliore. Stiamo tutti lavorando per questo e la cosa che mi rende felice è vedere che arrivano i primi risultati, che la tendenza si è capovolta e che possiamo sperare di fare un grande regalo ai nostri figli».
Ma nel paese dove il 35,7 per cento della popolazione è obesa e soprattutto nel paese dove i numeri sono dollari (per capire: gli americani spendono circa 168 milioni neifastfood),la“rivoluzioneculturale” ha ancora molta strada da fare. E qualche ostacolo da superare. A partire dalle giganti che dominano il mercato alimentare, fotografati in maniera spietata e documentata nel servizio di copertina del magazine del New York Times.
La scena è da film: fila di limousine nere, i manager più potenti (dalla Nestlé alla Procter&Gamble) tutti assieme nella stessa stanza più o meno segretamente per discutere su come affrontare i pesanti e sempre peggiori dati sull’obesità . Lunghe discussioni. Proposte. Analisi tecniche e ore di grafici proiettati sugli schermi del meeting. Interventi choc come quello del vicepresidente della Kraft Michael Mudd che, facendo allibire tutti i presenti, paragona la loro situazione a quella che hanno dovuto affrontare le aziende produttrici del tabacco. Il risultato della riunione? Zero, nessuno. Anzi l’opposto delle premesse: studiare con sempre maggior perizia, unendo scienza e psicologia, come catturare quote ancora maggiori di mercato, come “spartirsi al meglio gli stomaci”. La data della riunione? L’8 aprile del 1999.
Quattordici anni sprecati sullepance degli americani e non solo. Quattordici anni sono dovuti passare perché anche in questo campo qualcosa inizi a cambiare. E infatti adesso alcune big company stanno cominciando a modificare strategia e atteggiamento e trasformano piano piano i loro prodotti. L’ultima invenzione è uno snack la cui confezione e pubblicità  sembra quella di un junk food: in realtà  è una carota.
Per la gioia di questi bambini e bambine che ballano felicemente scoordinati. Cantano rap e vecchi musical insieme agli attori di Broadway messi insieme da Helen Butleroff Leany, l’ideatrice del progetto (ovviamente benedetto da Let’s Move). Una donna piccola, quasi spersa in mezzo a tanta energia, ma con un’idea che forse così visionaria non è più: «È incredibile vedere come reagiscono i ragazzi. Prima si divertono ovviamente in maniera inconsapevole, poi capiscono e diventano parte attiva dello spettacolo. Ma soprattutto spiegano ai genitori cosa hanno imparato e cambiano dieta. Io torno spesso nelle stesse scuole ed è incredibile vedere il riscontro positivo che trovo. Più della metà  mi racconta di aver scoperto quanto siano buone frutta e verdura».
Sul palco le due attrici bambine si svegliano dal loro sogno incantato: «Vuoi andare a giocare a basket? », chiede la più piccola all’altra. «Certo, basta patatine. Muoviamoci ». E fuori dalla scuola di fianco al muro di mattoni rossi il campo in cemento è pieno di ragazzi che sfidano il freddo a colpi di canestro. Helen si incammina veloce verso la metropolitana sorridendo piano.


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