FACCIAMOCI DEL MALE

Loading

Il senato è senza maggioranza. Molto peggio delle peggiori previsioni. Il centrosinistra ha perso dove temeva di perdere, in Lombardia, in Veneto e in Sicilia. Ma anche dove era sicuro di vincere: in Piemonte, in Calabria, in Campania e persino nella Puglia di Vendola.
Alla camera la coalizione di Bersani afferra all’ultimo voto il premio di maggioranza. Il Pd riesce per un soffio a mantenersi primo partito nazionale, rispetto al Movimento 5 Stelle. Deve ringraziare la deprecata legge elettorale «porcellum» se guadagna una maggioranza di deputati che non corrisponde alla percentuale dei suoi consensi. Però non potrà  servirsene. Senza il senato è una maggioranza zoppa.
Il partito non partito di Beppe Grillo si fa spazio con una forza tale da annichilire sia a destra che a sinistra. Esplode in una maniera inedita per il panorama politico italiano, tradizionalmente vischioso e refrattario agli sconvolgimenti. L’ultima forza politica che ha debuttato in parlamento direttamente oltre il 20% si chiamava Forza Italia. Portò anche allora un rinnovamento radicale nella composizione dell’assemblea legislativa, ma per governare ebbe bisogno dell’alleanza con i post fascisti. Grillo esclude alleanze stabili.
Vent’anni dopo l’epifania berlusconiana, la transizione italiana non approda a niente di costruttivo. Il centrosinistra, pur adattatosi a tutti i richiami del mercato, fallisce l’estrema occasione. La sinistra dovrà  ricostruirsi dalle macerie. Ma è la stessa conclusione di cinque anni fa.
 Con il 25% dei voti il Movimento 5 Stelle va in trionfo. Ha mortificato le speranze di vittoria di Bersani. Ma ha tolto molti voti anche al centrodestra. Talmente tanti all’uno e all’altro che non basta fermarsi a valutare gli spostamenti rispetto al passato. Grillo ha cominciato a scrivere una nuova storia. Al momento misteriosa.
Il confronto con 5 anni fa è impietoso. La coalizione di centrosinistra (c’era Di Pietro) risultò sconfitta conquistando oltre il 37%. Ieri annaspava al 30%, con il Pd molto lontano dalla soglia minima accettabile e Sel dalle parti del 3%. Ancora di più ha perso il centrodestra, che cinque anni fa aveva quasi il 47% e ieri il 28,5%. Grillo non ha assorbito totalmente l’astensione, all’inizio della campagna elettorale prevista in aumento di una cifra doppia. Il non voto residuo ha penalizzato ulteriormente Pd e Pdl.
Per Berlusconi il confronto con cinque anni fa è impossibile. Dal buco nero in cui si era cacciato, e aveva cacciato il paese, è risalito raccontando e promettendo l’impossibile. Ha recuperato dieci punti in un mese e mezzo. Gli hanno creduto. Non è finito espulso dal panorama politico, come doveva essere solo un anno fa. Ha più senatori del centrosinistra. In teoria se si alleasse con il centro montiano sarebbe a un passo dalla maggioranza a palazzo Madama.
Monti è l’altro sconfitto con Bersani. Per un soffio dovrebbe raggiungere la soglia del 10% alla camera, solo un po’ più tranquillamente quella dell’8% al senato. Con queste percentuali, fosse davvero la sua l’unica proposta politica affidabile internazionalmente, l’Europa dovrebbe apprestarsi a invadere l’Italia. Sui mercati invece peserà  l’incertezza del quadro parlamentare, il terribile rompicapo delle maggioranza che il professore con la sua ambizione ha contribuito a creare.
Berlusconi dunque esulta per lo scampato disastro. Ma non è un vincitore. Al nord dove il centrodestra vince tre regioni decisive, Veneto, Lombardia e Piemonte, la coalizione del Cavaliere quasi si dimezza rispetto al 2008. La Lega più che si dimezza (in Veneto dal 26% all’11%; in Piemonte dal 12% al 5%). Grillo vola raccogliendo tutti questi voti in uscita: in Veneto è il primo partito, in Piemonte quasi. Ma il Movimento 5 Stelle prende anche a sinistra. Il centrosinistra perde 9 punti in Piemonte, 6 in veneto e 3 in Lombardia. Il risultato di Grillo in Valsusa dove arriva al 40% e oltre sta lì a indicare cosa ha sbagliato la sinistra.
Bersani è il primo sconfitto. Un anno e mezzo fa ha accettato di non andare alle elezioni per non consegnare il paese al caos. A cosa sia servito lo si scopre oggi. Ancora due mesi fa aveva l’entusiasmo delle primarie dalla sua. Poi ha fatto una campagna elettorale all’insegna dell’accordo obbligato con Monti. Quando Monti, lo si ammetterà  adesso, è stato il più grande responsabile della rincorsa di Grillo. Oltre che il rianimatore di un centrodestra in a coma.
Alcuni aspetti del voto di ieri e di domenica andranno esaminati a freddo. Servono i dati dei voti assoluti. Sembra che il richiamo al voto utile al centrosinistra al senato non abbia funzionato, ottenendo addirittura l’effetto contrario. In Campania Berlusconi era ridotto a dover saltare l’ultimo comizio. Il Pd già  organizzava le strategie per la riconquista della Regione e del comune di Napoli. Ha vinto Berlusconi. Ed ha vinto direttamente il Pdl, orfano di Cosentino. Ma anche i risultati di una regione rossa come l’Emilia raccontano il disastro del Pd. I democratici hanno perso 10 punti rispetto a 5 anni fa. E cinque solo nel confronto con tre anni fa, le regionali. Grillo ha raccolto tutto questo, pur in una regione dove – come diceva Bersani – «li conosciamo bene». Dal 6% del 2010 il 5 Stelle è passato al 25%. Il Pdl è crollato a meno 17%.
Gli oltre cento eletti a 5 Stelle arrivano in parlamento carichi di entusiasmo. È un bene. Non sono una falange identica e compatta. Nelle prime dichiarazioni c’era chi escludeva qualsiasi appoggio a qualsiasi governo e chi prometteva senso di responsabilità . Grillo ha parlato con un messaggio audio solo in tarda sera. Ha escluso ogni sostegno diretto a una maggioranza stabile. Ha detto però chiaramente cosa si aspetta per continuare a crescere. Bersani e Berlusconi, ha previsto dal blog, faranno un pasticcio, un tentativo di governissimo per andare avanti qualche mese e poi crolleranno. Accontentarlo sarebbe una follia.


Related Articles

Bersani e Casini pronti alla svolta “È per l’Italia, non sarà  un ribaltone”

Loading

D’Alema: dare segnali forti. Veltroni: dimezzare i parlamentari.  Il segretario dei democratici avverte Di Pietro e Vendola: “Vogliono il voto? Lo dicano al Colle”

La soluzione boomerang

Loading

Un boomerang che rischia di isolarci dal resto dell’Europa. Nei giorni scorsi il presidente Sarkozy ha scritto a Barroso per ricordargli che il trattato di Schengen è una conquista troppo importante per essere messa in discussione. Un modo diplomatico per lasciar capire che, se l’Italia continua ad usare le norme sulla libera circolazione come un manganello politico, la Francia potrebbe decidere di sospendere unilateralmente il trattato ai nostri confini e ristabilire i controlli di frontiera.

Napolitano ai giudici: inutile la mia deposizione

Loading

Stato-mafia, il Presidente chiede di riconsiderare la chiamata come teste: “Conoscenze limitate”   

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment