A Cipro vince Anastasiades, conservatore filo-Merkel

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PER combattere la recessione e avere gli indispensabili aiuti dell’Europa, ieri il 57,4% dei ciprioti ha scelto Nicos Anastasiades, l’avvocato sessantaseienne a capo del centro destra che ora, da presidente, avrà  una sola missione: ottenere quei 17 miliardi di prestito necessari a salvare il paese dalla bancarotta. «La crisi ha bisogno di un leader» è stato lo slogan elettorale dell’uomo che con la sua Unione Democratica ha battuto l’indipendente Stavros Malas, appoggiato dai comunisti del presidente uscente Demetris Christofias, e ora i ciprioti gli hanno affidato una nazione con disoccupazione a quota 15%, previsione di contrazione del 3,5% del Pil per il 2013 e casse lasciate vuote dalla crisi della Grecia, che per questa parte dell’isola è quasi la madrepatria. Sperano che lui sia davvero l’uomo giusto per rassicurare Fmi, Bce e Ue, dati anche gli ottimi rapporti che vanta con la cancelliera Merkel.
Mentre la folla invadeva il centro della capitale Nicosia per festeggiare sventolando le bandiere biancocelesti della Grecia, ieri sera Anastasiades riceveva le telefonate di congratulazione, prima fra tutte quella di José Manuel Barroso, in cui il presidente della Commissione Europea assicurava l’appoggio Ue anche per l’eterno tentativo di riunificazione delle due parti dell’isola, divisa dal 1974 fra la Repubblica di Cipro e la parte turca al Nord. Ma quel che più conta, ora, è il duro piano di riforme promesso da Anastasiades, dell’amministrazione del governo e del regime fiscale, con garanzia di una lotta attiva all’evasione fiscale. «La Commissione Europea assisterà  Cipro in questa sfida», ha assicurato Barroso.
La sfida è fatta di impossibilità  di accesso al mercato del debito internazionale da un anno. Il dramma è iniziato ad Atene. Nel 2011 l’esposizione cipriota verso la Grecia, fra titoli di debito pubblico e prestiti alle imprese, era di 29 miliardi, il 160% del Pil. Poi è arrivata la ristrutturazione del debito greco: per le banche cipriote, una perdita secca di quattro miliardi. Ora è tutto in mano al “conservatore pragmatico”, come l’hanno battezzato: un uomo che ha avuto anche l’appoggio, in campagna elettorale, del potente capo della Chiesa greco ortodossa locale, l’arcivescovo Chrysostomos. Un presidente in grado, secondo gli analisti politici, di imporre il rigore promesso. E di resistere alle proteste che presto, nelle piazze di Nicosia, sostituiranno la festa di ieri.


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