Monti: «Pacchetto d’urto per il lavoro»

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FIRENZE — Ora che la Commissione europea intravede l’uscita dalla recessione per l’Italia, a metà  dell’anno, posso anche «andare a Bruxelles a chiedere di fare un po’ più di disavanzo pubblico». Ma non solo: visto il riconoscimento della bontà  dei conti pubblici, «sono in grado di proporre un pacchetto d’urto in quattro punti per rilanciare l’economia».
Monti sceglie l’ultimo giorno della campagna per avanzare la sua ultima proposta: «Primo, tagliare il costo del lavoro per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, eliminare da subito dall’Irap il costo del lavoro dei nuovi assunti e dimezzare i contributi previdenziali relativi ai nuovi assunti. Secondo: moltiplicare i contratti di apprendistato eliminando i contributi a carico delle imprese con più di 9 dipendenti. Terzo: raddoppiare il numero dei posti negli asili nido. Quarto: un nuovo contratto a tempo indeterminato più flessibile per tutti i nuovi assunti». Una riforma che a regime costerebbe 6-7 miliardi di euro e consentirebbe ai lavoratori «di avere 100 euro in più al mese».
Promette «un impegno eccezionale contro la precarietà  e per un’occupazione stabile», se andasse al governo. Anche grazie a questo l’Italia «può rinascere», per lasciarsi alle spalle «un ventennio perduto» e «una politica inamovibile», per arrivare ad «una svolta storica». E per farlo gli elettori devono votare per gli autentici riformatori, ovvero per lui, e non per i populisti «devastanti» alla Grillo o alla Berlusconi.
È anche un messaggio grave, che rinnova certi timori, quello che il Professore offre nelle ultime ore prima del voto, ribadendo che «Scelta civica è destinata a durare e a radicarsi sul territorio». Al teatro della Pergola, nel cuore di Firenze, il premier uscente si rivolge al suo pubblico con lo stesso tono con cui ha iniziato la sua avventura politica: pacato forse più di quello che la situazione richiederebbe, concentrato sui contenuti, poco spazio per le emozioni. Nel mirino Berlusconi e Grillo, il primo farebbe «un falò dei sacrifici» affrontati dagli italiani nell’ultimo anno, se vincesse; il secondo porterebbe il Paese verso il nulla, grazie al suo «populismo devastante». Anche per questo è necessario un invito: «Gli italiani non votino con rabbia, poi dove andrebbero? Verso le piazze greche?».
Parole simili a quelle di Bersani: se insieme dovranno governare, lui e il leader pd, dovranno fare i conti con il bottino parlamentare dell’ex comico genovese. Per questo motivo Monti non nasconde di «temere lo scenario che si aprirà  dopo il voto» e cerca di aprire gli occhi agli italiani: «Possono votare illusi dalle promesse, ma poi dove andranno?».
Le critiche al Pd scolorano rispetto a quelle rivolte al Cavaliere e al fondatore del Movimento 5 Stelle. Uno dei pochi esempi è sulle ultime promesse di Bersani: «Vogliono tutti solo conquistare un ultimo giro, promettono ticket gratis e altro, peccato che non dicono come si realizzino queste promesse, né dove portino». Insomma Berlusconi è «disperato», Bersani è «ideologico», Grillo è «devastante e distruttivo», e in quest’ultimo caso «se qualcuno decidesse di votarlo perché disgustato metto in guardia: in Italia non c’è più nulla da distruggere, è solo ora di ricostruire».
Marco Galluzzo


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