In catene contro l’oleodotto arrestato Bob Kennedy Jr.
NEW YORK — Che retata. Due rampolli del clan dei Kennedy, più l’attrice Daryl Hannah (“Blade Runner”). La polizia di Washington ha ammanettato un parterre di vip proprio davanti ai cancelli della Casa Bianca. Gli arrestati erano tutti impegnati nella protesta ambientalista contro l’oleodotto “extra-large” che deve collegare Canada e Stati Uniti. Prima dell’intervento della polizia 47 manifestanti si erano incatenati ai cancelli del palazzo presidenziale. Tra loro Robert F. Kennedy Jr., figlio del leader democratico assassinato nella campagna presidenziale del 1968, e suo figlio Conor, ancora più celebre nelle cronache rosa per un suo passato legame con la cantante country Taylor Swift.
Ma il più clamoroso degli arresti è un altro: quello di Michael Brune, direttore del Sierra Club. Con 120 anni di storia e 1,4 milioni di aderenti, il Sierra Club è la più antica e influente organizzazione ambientalista degli Stati Uniti.
Mai prima di ieri aveva fatto ricorso a forme di protesta così radicali. La scesa in campo del Sierra Club in una manifestazione di disubbidienza civile, dà la misura della controversia scatenata dal progetto Keystone, l’oleodotto Xl (dalle iniziali di “extra-large”). Il gigantesco pipeline deve trasportare petrolio non raffinato dal Canada fino al Golfo del Messico dove gli Stati Uniti concentrano il grosso delle loro raffinerie petrolchimiche. Il tracciato percorre trasversalmente gli Usa ed è contestato
dagli ambientalisti fin dalle sue origini. La manifestazione di ieri voleva servire a richiamare Barack Obama alla coerenza. Ancora martedì nel discorso sullo Stato dell’Unione il presidente ha sottolineato l’importanza della lotta al cambiamento climatico e ha messo le energie rinnovabili tra le sue priorità . «Non si può affermare da una parte che bisogna ridurre le emissioni carboniche, e dall’altra approvare il più inquinante progetto petrolifero», ha dichiarato ieri Burne dopo essere stato rilasciato dalla polizia.
Obama finora ha evitato di prendere una posizione univoca. Un anno fa la sua Amministrazione bloccò un tratto della costruzione dell’oleodotto, che avrebbe attraversato degli ecosistemi fragili nello Stato del Nebraska. Un altro pezzo del pipeline, il tratto meridionale dall’Oklahoma al Texas, ha ottenuto invece il nulla osta federale e procede verso la costruzione. La parola finale spetterà formalmente al Dipartimento di Stato, per le implicazioni internazionali di un progetto a cui il Canada tiene molto. Sulla politica energetica Obama ha dovuto tenere conto di una campagna martellante: la lobby petrolifera, quella del carbone, altre organizzazioni confindustriali lo hanno accusato di frenare la creazione di nuovi posti di lavoro con un eccesso di regolamentazioni ambientaliste. Di fatto gli Stati Uniti sotto l’Amministrazione Obama si stanno avvicinando a grandi passi all’indipendenza energetica, ma ci arrivano sfruttando tutte le fonti: dalle più inquinanti come petrolio e carbone, fino alle rinnovabili. Il Nebraska è uno degli Stati inondati da improvviso benessere, per lo sfruttamento di nuovi giacimenti.
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