L’amore per le banche
Dopo un lungo braccio di ferro, a dicembre il Parlamento aveva stabilito i criteri. Quindi l’advisor Deloitte ha fatto i conti e valutato il valore della banca di investimenti più grande d’Italia, ancora per il 70 per cento in mano pubblica. Tirando le somme, le fondazioni l’hanno svangata alla grande: il loro 30 per cento privilegiato sarà convertito in automatico in un 17,35 per cento ordinario, dietro la restituzione di solamente 227 milioni di extra-dividendi percepiti negli ultimi anni. Il ripagamento al Tesoro sarà rateizzato in cinque tranche annuali (ossia 45 milioni l’anno). Si consideri che nel 2003 le fondazioni pagarono la loro quota 1.050 milioni di euro, sebbene la stessa sia rivalutata oggi in 3.300 milioni. Se consideriamo la restituzione scontata del profitto ricevuto fino ad oggi (una piccola parte dei ben 1.079 milioni percepiti), si può dire che abbiamo tutti regalato circa due miliardi di euro alle fondazioni.
A queste sarà anche permesso di aumentare la propria quota fino al 30 per cento. Sembra che un accordo preliminare patrocinato dal premier uscente Monti le porterà al 20 per cento. Ossia verseranno per il 3 per cento mancante circa 500 milioni, anche questi in cinque rate annuali. Va detto che il gigante Cdp fa sempre più profitti da quando ha abbracciato la logica della finanza privata. Nel 2012 si sono superati i 2 miliardi di euro e le prospettive future sono ancora più rosee. In breve con un 20 per cento le fondazioni incasserebbero 400 milioni puliti ogni anno, per ridarne 150 per i primi cinque anni. Così fino a conguaglio avvenuto ci sarà un altro miliardo di guadagno per loro. Ma perché tanta bontà ? Le fondazioni sostengono che sono loro a far aumentare il valore della Cassa, anche se in realtà fanno ben poco.
Anzi, le loro banche di riferimento sono i principali beneficiari dei prestiti della Cassa: ben 18 miliardi negli ultimi quattro anni da rigirare con commissioni alle piccole e medie imprese, che però si lamentano di non averli mai visti.
Per i vertici di Cdp tutto ciò è normale, quasi dovuto. Poco male se si tratta delle stesse fondazioni bancarie oggi nell’occhio del ciclone dello scandalo Monte dei Paschi, e domani di chi sa quale altra banca. Da Tremonti a Bassanini, l’onnipotente manager di Stato di area Pd da anni alla presidenza dalla Cassa, ogni forza politica ha cercato di portare dentro ed aiutare le fondazioni, svendendo uno dei pochi gioielli di Stato rimasti. C’è tempo fino al 1 aprile per capire come denunciare un danno erariale prodotto da tanto amore.
* Re:Common
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LAVORO E DIGNITà€
Nel Novecento i comizi sindacali alle manifestazioni del 1° Maggio si concludevano regolarmente con l’appello «al lavoro e alla lotta». Altri tempi, quando il lavoro c’era per quasi tutti, al punto che una parte del movimento operaio poteva anche permettersi di invocare una lotta contro il lavoro, anzi «contro questo lavoro», cioè contro i rapporti di produzione capitalistici per liberare il lavoro dal profitto. Oggi, se si concludesse un comizio chiamando «al lavoro e alla lotta» si parlerebbe a una parte sempre meno maggioritaria di interlocutori. L’unico appello unificante, semmai, sarebbe «alla lotta per il lavoro».