Un miliardo di donne protagoniste, contro la violenza

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Siamo di fronte ad un’azione planetaria – passata forse troppo sotto silenzio dai massmedia italiani – che coinvolge migliaia di città  di tutti i paesi, dall’Ucraina al Pakistan, dalla Cina al Sud America, un’azione forte e condivisa, capace di unificare donne (e non solo) provenienti da ogni cultura. Di solito fanno scalpore la condizione delle donne in Arabia Saudita, oppure le mutilazioni genitali femminili o ancora il femminicidio in Messico, ma ciò che impressiona di più è lo stillicidio di violenza quotidiana spesso cancellato da una cultura ancorata a un vecchio tradizionalismo patriarcale.

Nel blog del Corriere della Sera, la 27a ora, si spiega la genesi dell’evento: “14 febbraio 2013, giorno del 15° anniversario del V-Day, un miliardo di donne e uomini di 189 paesi del mondo balleranno insieme in nome della consapevolezza e della solidarietà , protestando contro lo scandalo di questa violenza e celebrando la volontà  di mettervi fine. «Un miliardo di donne violate è un’atrocità » sostiene Eve Ensler (ideatrice dell’evento, ndr), «un miliardo di donne che ballano è una rivoluzione. Ballare significa libertà  del corpo, della mente e dell’anima. È un atto celebrativo di ribellione, in antitesi con le forme oppressive delle costrizioni patriarcali».

L’iniziativa sta suscitando grande curiosità  e attenzione da parte dei media di tutto il mondo, Guardian in testa. Per diffonderla è stato realizzato anche un video dal titolo «Break the Chain» (Rompere le catene). Migliaia di organizzazioni in tutto il mondo hanno aderito: da Amnesty International a Equality Now, mentre si allunga di giorno in giorno la lista di testimonial d’eccezione che supportano la campagna: oltre Robert Redford, Yoko Ono, Naomi Klein, Jane Fonda, Laura Pausini, è arrivata negli ultimi mesi l’adesione del Dalai Lama, di Anne Hathaway, di Berenice King (figlia Martin Luther King) e di Michelle Bachelet, ex Presidente del Cile e oggi responsabile di UN Women.

Anche l’attivista e ambientalista indiana Vandana Shiva ha aderito alla campagna con un articolo sull’Huffington Post in cui denuncia come «la violenza contro le donne si sia intensificata divenendo più pervasiva nel passato recente. Ha assunto forme più brutali, come nella morte della vittima dello stupro di gruppo di Delhi, o numeri più sconvolgenti, come le 113 donne uccise in Italia in meno di un anno. Ho ripetuto più volte che lo stupro della Terra e lo stupro delle donne sono intimamente connessi, sia metaforicamente nel dare forma a visioni del mondo, sia materialmente nel dare forma alle vite quotidiane delle donne»”.

Anche in Italia le città  che aderiscono alla mobilitazione sono centinaia: per la giornata di oggi sono previsti convegni, manifestazioni di piazza, flash mob che per una volta oscureranno i riti consumistici di San Valentino. Tra i movimenti e le associazioni aderenti, per fare un solo esempio, spicca il gruppo “Se non ora quando?”, che – è bene ricordarlo – fu tra i protagonisti della mobilitazione di due anni fa, quando l’indignazione delle donne per il maschilismo e la volgarità  imperante nella politica italiana, soprattutto nella figura di Berlusconi, aprì una pagina di speranza per il paese.

Con la stessa coscienza politica queste donne hanno lanciato un appello in vista delle elezioni politiche imminenti. Si legge tra l’altro con particolare riferimento ad alcuni provvedimenti possibili da mettere in campo sul fronte socio-economico: “un welfare che consenta l’occupazione femminile e offra alle famiglie indispensabili servizi di cura per le bambine e i bambini, le persone anziane e quelle disabili; politiche contro la precarietà  lavorativa di giovani e donne; l’estensione dell’indennità  di maternità  e del congedo di paternità  obbligatorio; il contrasto della violenza contro le donne e del femminicidio; la ridefinizione del servizio pubblico radiotelevisivo italiano in funzione di una nuova idea di cittadinanza, per una rappresentazione rispettosa e plurale delle donne; la promozione di una cultura di genere a tutti i livelli dell’educazione; la pienezza dei diritti civili per tutte le donne, omosessuali ed eterosessuali, italiane e straniere, e la cittadinanza per chi nasce in Italia; la difesa e l’applicazione della 194 su tutto il territorio; l’obbligo di valutazione dell’impatto di genere di tutti i provvedimenti legislativi e governativi, in linea con le raccomandazioni europee”.

Le prese di posizione si moltiplicano, ma il fenomeno della violenza sulle donne non accenna a diminuire con l’esito pericoloso di “ridurre” la questione femminile a un fatto di criminalità  o di soprusi, più o meno domestici, privando le donne del loro ruolo positivo e insostituibile. La direzione della storia è però segnata: delle donne è il futuro, a qualsiasi latitudine. [PGC]


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