Ma il fattore G allarma anche il Pd

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ROMA — Più l’ora «x» si avvicina, più cresce il terrore che sarà  Beppe Grillo a fare la differenza nelle urne, tanto che adesso anche Mario Monti ha preso a sparare contro il «simpatico comico» che riempie le piazze con il suo «populismo devastante». Ma è nel Partito democratico che il «fattore G» ha fatto scattare l’allarme rosso. Al Nazareno c’è preoccupazione perché la crescita di Grillo non si ferma, soprattutto nelle regioni del Centro e del Sud: un’onda che può erodere consensi tanto al Pdl quanto al Pd.
E c’è un altro, inconfessabile timore che turba gli ultimi comizi di Pier Luigi Bersani. La paura che il sorpasso evocato dal Cavaliere possa materializzarsi davvero. Non solo al Senato, ma persino alla Camera. Quello che fino a pochi giorni fa poteva sembrare uno scenario da fantapolitica è diventato un tema per bocca dello stesso leader democratico, che esorcizza lo spauracchio della sconfitta a sorpresa dicendo che «se vince Berlusconi il Paese va contro un muro».
E ieri sul Sole 24 Ore Roberto D’Alimonte ha parlato di Montecitorio come della «vera incognita» di queste elezioni, ragionando sull’ipotesi che molti italiani abbiano deciso di votare per Berlusconi (o per Grillo) senza però rivelarlo, per riserbo o pudore. Per il politologo il combinato disposto tra la «lenta erosione» di consensi subita da Pd e Sel negli ultimi due mesi e il recupero del Cavaliere può riaprire la partita alla Camera, dove per strappare agli avversari il premio di maggioranza basta un voto in più.
«Berlusconi che vince le elezioni? Io non ci credo» scaccia il fantasma Pier Ferdinando Casini, convinto che la crescita di Grillo arrechi danni soprattutto al centrodestra. Intanto però il comico si gode lo spettacolo dei leader «in preda al panico», che si uniscono «come il trenino dell’amore» perché hanno paura di lui. «Grillo riempie le piazze, ma magari tanti vanno a sentirlo solo per godersi lo spettacolo — spera Davide Zoggia, responsabile Enti locali del Pd —. Io non lo sottovaluto, di certo avrà  numeri importanti. Ma sono fiducioso. La forchetta rimane larga, la nostra linea su progetti e alleanze tiene». E Berlusconi che vince alla Camera? «È una possibilità  remota». Il futuro dell’Italia è nelle mani degli indecisi, il che spiega l’insistenza di Bersani sul voto utile e gli avvertimenti dell’ex premier agli elettori incerti tra grillismo e berlusconismo: il Movimento 5 Stelle è pieno di candidati che vengono dalla sinistra e dopo il voto il comico e il segretario del Pd non potranno che collaborare. Anche i centristi hanno scoperto il «fattore G». Andrea Romano, capolista di Scelta civica in Toscana alla Camera, dice che i montiani non hanno mai sottovalutato Grillo, «mai pensato che sia un fenomeno residuale o irrilevante», ma lui la crescita esponenziale del movimento non la vede: «Noi siamo la novità  costruttiva, loro sono quella distruttiva. Se Grillo vincesse farebbe male a questo Paese». Nell’entourage di Monti pensano che il populismo stia scappando di mano al leader genovese e che, comunque, la sua corsa è un problema del Pd e del Pdl, più che del centro. «Grillo ha una fortissima carica antiliberale — spiega Carlo Calenda, candidato con Monti nel Lazio —. Il nostro elettorato è molto diverso dal suo».
Beppe Fioroni, ex ministro del Pd, ha l’impressione che la crescita di Grillo sia stata sottostimata. La Camera non lo preoccupa, mentre pensa anche lui che l’effetto Grillo possa farsi sentire al Senato nelle regioni in bilico, come Lombardia, Sicilia e Campania: «Bersani deve insistere sul voto utile per impedire a Berlusconi di risorgere e convincere gli italiani che non ci servono capipopolo che cavalcano l’onda». A furia di cavalcare l’onda il comico può arrivare lontano e Massimo D’Alema lo ha capito tra i primi. «Grillo al 18 per cento è un indicatore inquietante — avverte l’ex premier —. Bisognerebbe ridurlo, perché spaventa gli investitori».


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