Ucciso il leader laico, rivolta a Tunisi
TUNISI — La «primavera araba» torna a bruciare in quegli stessi luoghi dove nel dicembre 2010 era cominciata. Ma il contesto e le modalità sono totalmente diverse. La Tunisia è in fiamme. Il governo è dimissionario nel tentativo di calmare gli scontri. Il premier Hammadi Jebali ha annunciato in serata l’intenzione di creare un esecutivo di emergenza «formato da ministri indipendenti» in vista di nuove elezioni al più presto. Un passo che mira a calmare le opposizioni. Ma ieri mattina il Paese si è svegliato con la notizia del primo assassinio politico da dopo la caduta del presidente Ben Ali il 14 gennaio 2011. Chokri Belaid, avvocato, noto leader dei movimenti della sinistra laica organizzata nel Partito dei Patrioti Democratici è stato freddato a colpi di pistola di fronte alla sua abitazione, sembra da un paio di uomini giunti in motocicletta.
Immediata la reazione delle piazze. In poche ore migliaia di manifestanti sono tornati in corteo in quelle stesse strade che solo due anni fa li avevano accolti trionfanti contro il vecchio regime. Avenue Bourguiba, il cuore pulsante della capitale, ha visto consumarsi per tutta la giornata violenti scontri tra giovani e polizia a suon di fitte sassaiole e tiri di lacrimogeni. In serata i bollettini degli ospedali segnalavano decine di feriti tra i dimostranti, per lo più affetti dai gas e almeno un poliziotto ucciso. Nella capitale la tensione è stata particolarmente acuta verso le 14, quando l’ambulanza che trasportava il leader assassinato ha transitato proprio per Avenue Bourguiba. «No Ennahda, Ghannouchi assassino. Oggi hanno ucciso Belaid, a chi toccherà domani?», hanno intonato rabbiosi riferendosi direttamente al partito più importante della coalizione di governo e al suo leader. Ma gli scontri non si sono limitati alla capitale. Praticamente in tutte le province sono segnalati incidenti, particolarmente violenti nelle cittadine povere del centro-sud. A Gafsa è stata attaccata e data alle fiamme la sezione locale di Ennahda. Nel capoluogo di Kef è stato espulso il governatore. A Sidi Bouzid, località a circa 250 chilometri dalla fascia costiera e nota in particolare per aver iniziato le rivolte nel dicembre 2010, la polizia è intervenuta ripetutamente. Gli esponenti del mondo politico cercano di buttare acqua sul fuoco e condannano con fermezza l’assassinio. «Occorre creare un fronte comune contro gli estremisti che vorrebbero destabilizzare il nostro Paese», ha dichiarato il presidente, Moncef Marzouki, mentre si trovava in visita ufficiale al Parlamento Europeo di Strasburgo. Lo stesso Ghannouchi ha definito la morte di Belaid «un crimine ignobile» e fatto appello perché le autorità «assicurino al più presto i responsabili alla giustizia».
I gruppi dell’opposizione laica sono determinati a far cadere il governo, accusando in particolare Ennahda di «pericolose ambiguità » e addirittura di aver «favorito la crescita degli elementi salafiti violenti». Hamma Hammami, segretario generale del potente Partito dei Lavoratori e portavoce del Fronte Popolare, ha ripetuto più volte che il governo creato dopo le elezioni dell’ottobre 2011 «non ha più legittimità , in quanto complice degli assassini e dunque va sciolto immediatamente», in vista della formazione di una coalizione di transizione destinata a preparare nuove elezioni. L’annuncio di Jebali va dunque in questo senso e appare destinato ad evitare la nuova ondata di violenze che si preparava per oggi pomeriggio in occasione dei funerali di Belaid.
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