Il Cairo, Morsi accoglie Ahmadinejad l’abbraccio tra i due nemici storici

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UN’ACCOGLIENZA così calorosa all’estero Mahmud Ahmadinejad non l’aveva avuta da tempo. Il presidente egiziano Morsi ha atteso il collega iraniano ai piedi dell’aereo e lo ha accolto con un robusto abbraccio e baci sulle guance. Un momento storico. Dal 1979 nessun presidente iraniano era andato in visita ufficiale al Cairo. A Teheran erano andati al potere i religiosi sciiti, nemici degli Stati Uniti. L’Egitto era il più grande paese sunnita e stretto alleato degli Stati Uniti. Offrì asilo al deposto scià  Pahlevi e concluse la pace con Israele. Due mondi. Teheran e il Cairo ruppero i rapporti diplomatici.
Oggi tutto dovrebbe cambiare, la visita di Ahmadinejad è vista come l’inizio di una nuova amicizia. Dopo la caduta di Mubarak, l’Iran ha lanciato ripetute avance. Ha salutato la primavera araba come erede dalla rivoluzione iraniana. In settembre Morsi aveva proposto, in cambio di una diversa politica iraniana verso la Siria, la ripresa dei rapporti diplomatici. La politica estera è il solo campo dove è riuscito a mantenere un certo profilo e un’intesa con l’Iran può fargli segnare dei punti. Il presidente egiziano vuole distanziarsi dalla politica estera di Mubarak e dimostrare di non farsi dettare la politica da Washington. La visita viene seguita con attenzione dai Paesi del Golfo, primi fra tutti l’Arabia Saudita, fermamente opposta al tentativo dello Stato sciita di conquistare un primato nella regione. Il ministro degli Esteri egiziano Amr Kamel ha detto che «dei rapporti dell’Egitto con l’Iran non faranno mai le spese le nazioni del Golfo, la cui sicurezza è direttamente legata a quella egiziana». Dagli aiuti finanziari dei paesi del Golfo l’Egitto dipende in modo sostanziale per affrontare una crisi economica sempre più grave. Anche all’interno le reazioni non sono state tutte positive. I salafiti di Al Nour, il partito alleato di Morsi, hanno invitato il presidente a non dimenticare che il ruolo dell’Egitto è proteggere i sunniti. E il grande sceicco Ahmed El Tayyeb dell’Università  Al-Azhar, la massima autorità  teologica dell’Islam sunnita, ha avuto parole ferme contro «le ingerenze iraniane nel mondo sunnita», in particolare nel Bahrain, la piccola monarchia sunnita dove la minoranza sciita ha dato il via a numerose proteste, o contro i «tentativi di diffondere la fede sciita in Egitto ».
Ahmadinejad era arrivato allo storico appuntamento con El Tayyeb facendo il segno “v” di vittoria. Anche lui deve fare i conti a Teheran con una lotta di potere sempre più dura. Sebbene non possa ricandidarsi alle elezioni in giugno, Ahmadinejad vorrebbe continuare a contare nel Paese, mandando alla presidenza uomini a lui vicini. Il suo più forte antagonista è Ali Larijiani, presidente del Parlamento, con cui ha avuto un aspro scambio verbale prima di partire per il Cairo.
Nonostante l’abbraccio, ciò che divide i due presidenti è più di quello che li unisce. Sulla Siria, che sarà  oggi al centro della conferenza della Cooperazione islamica, Morsi e Ahmadinejad hanno posizioni distanti. Nella bozza del documento finale della Conferenza si addossa al regime tutta la responsabilità  delle violenze e si chiede a Assad di avviare un dialogo serio con l’opposizione.


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