Bersani e lo spettro del pareggio al Senato «Vogliono azzopparci»

Loading

Alle volte il segretario del Partito democratico non si capacita del fatto che vi sia chi in queste elezioni sta giocando con il solo scopo «di azzoppare e arginare la nostra vittoria». «Sia Monti che Berlusconi — è il ragionamento che va facendo il leader del Pd con i suoi — sanno che non possono vincere. Il loro obiettivo è lo stesso: avere un potere di interdizione. Ed è lo stesso traguardo che nel suo piccolo si prefigge Antonio Ingroia, la stessa meta a cui aspira Grillo. Vogliono tutti ottenere vantaggi di risulta, perché tanto sanno che non potranno mai avere la maggioranza». Insomma, Bersani si vede assediato da tanti «maxi» e «mini» Ghino di Tacco che tentano di sfruttare l’eventuale pareggio a palazzo Madama per ottenere un potere di veto, una nicchia politica in cui muoversi. «Ma il risultato di tutta questa attività  â€” è l’altra riflessione del segretario — è quella di provocare un clima di destabilizzazione che non fa certo bene al Paese. Se veramente dopo le elezioni non vi fossero una maggioranza certa e un governo stabile sarebbe un problema non solo per il centrosinistra ma per l’Italia». Ed è per uscire da questa «impasse», che Bersani fa la sua proposta non shock: appena andrà  al governo varerà  un piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica e ospedaliera e dell’ambiente. Sette miliardi e mezzo in tre anni che verranno recuperati dal ridimensionamento delle spese militari, dall’allentamento del patto di stabilità  e dall’utilizzo dei fondi di ristrutturazione europei.
Cosi, tra timori e speranze, Bersani è partito alla volta di Berlino. Un ennesimo viaggio in Europa per sondare e rassicurare leader di partito e governanti. Ma la mente è sempre rivolta all’Italia. A quell’Italia in cui, secondo molti sondaggi, la percentuale degli incerti è ancora molto alta. Bersani comunque non dispera. È da troppo tempo che accarezza l’obiettivo palazzo Chigi.
Tant’è vero che il segretario ha già  pronto persino il programma dei primi cento giorni del suo governo. Al primo punto, la cittadinanza ai figli degli immigrati. Quindi, l’esenzione dall’Imu di tutti quegli italiani che quest’anno hanno pagato da cinquecento euro in giù. E ancora: la reintroduzione dei reati di falso in bilancio, auto-riciclaggio e voto di scambio, nonché la cancellazione delle norme ad personam che allungano i tempi della prescrizioni (leggi come la ex Cirielli, per intendersi). Non solo: Bersani nei suoi primi cento giorni vorrebbe varare altre due leggi: quella sul conflitto di interessi e la normativa sulla rappresentanza sindacale, con l’idea di affidare ai lavoratori il diritto di partecipare alle scelte strategiche delle aziende.
Niente patrimoniale, invece. Piuttosto a Bersani piacerebbe riuscire a rafforzare le norme sulla tracciabilità  in tempi brevi. Infine c’è un altro punto all’ordine del giorno del segretario del Pd: la riforma elettorale. È chiaro che per un obiettivo del genere non bastano alcuni mesi perché è necessario coinvolgere anche le altre forze politiche. Le intenzioni di Bersani sono chiare: presentare comunque a inizio legislatura la proposta del Partito democratico sul doppio turno. Sarà  su quella base che si avvierà  la discussione in Parlamento.
Insomma, un bell’elenco di cose da fare. A cui si aggiungono gli organigrammi futuri. Sembra scontato (anche se in politica non c’è niente di sicuro) che la presidenza della Camera andrà  a Dario Franceschini, mentre sulla poltrona della presidenza del Senato siederà  Pier Ferdinando Casini. Anche sul governo il segretario del Pd ha delle idee ben precise, benché sia restìo a confidarle. Da piazza del Nazareno, però, filtra qualche voce. Come quella che vorrebbe Enrico Letta al ministero dell’Economia, e una quota di renziani in squadra (dovrebbero essere Delrio e Reggi).
In tutto ciò, però, al momento nessuno può dare a Bersani la sicurezza di riuscire a vincere in Sicilia e Lombardia, che sono le due regioni determinanti per il successo pieno della coalizione di centrosinistra. «Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco», ricorda sempre Matteo Renzi. Mentre Beppe Fioroni punta l’indice accusatore su Berlusconi e Monti, ossia sui due politici che più di ogni altro puntano a condizionare il futuro del Pd. «Il Cavaliere — osserva Fioroni — propone una ricetta che si può riassumere parafrasando un motto popolare: vuole che gli italiani siano “truffati e mazziati”». Ma anche Monti ha la sua parte di critiche: «Il premier è ridicolo quando mette Vendola e Berlusconi sullo stesso piano. Il Cavaliere è un populista che ha dimostrato di non saper guidare il Paese, Vendola è un riformista di governo». E se Fioroni fa i complimenti al leader di Sel, vuol dire proprio che per il centrosinistra questa campagna elettorale non si sta rivelando esattamente una passeggiata.


Related Articles

Tertium datur

Loading

Urgenza. Non riesco a trovare un altro termine per sintetizzare il sentimento che ha spinto i proponenti del documento Per un nuovo soggetto politico a uscire allo scoperto ora: la sensazione della necessità , impellente, di un gesto, di una parola, di una proposta che aiutino a spezzare il rapido processo di logoramento prodotto dall’intreccio perverso tra crisi economica e crisi politica.

Siamo tutti milanesi

Loading

A Milano Berlusconi ha chiesto un referendum su di sé e lo ha perso. Se il voto del capoluogo lombardo era rivelatore di una svolta politica nazionale, la svolta c’è stata. Clamorosa e inaspettata nella misura indicata dalle percentuali del candidato Pisapia: oltre il 47 per cento. Il crepuscolo dell’estremismo berlusconiano non è più solo un’opinione, è oggi un dato reale confermato dall’elettorato. 

Concretezza e credibilità  i nodi da sciogliere Quirinale preoccupato

Loading

In un comunicato i punti fermi del capo dello Stato: definire le decisioni, nella Ue nessuno ci commissaria

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment