Droni Usa in Niger per le prossime guerre africane

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L’Africa sarà  la nuova riserva di caccia degli aerei senza pilota delle forze armate Usa. Il governo del Niger ha autorizzato il dispiegamento dei droni del Dipartimento della difesa e della Cia per le operazioni di sorveglianza e intelligence contro le milizie filo-al Qaeda attive nell’Africa nordoccidentale (il manifesto, 30 gennaio 2013).
La richiesta di creare una base operativa in Niger era stata formalizzata una decina di giorni fa dall’ambasciatore statunitense Bisa Williams durante un incontro con il presidente Mahamadou Issoufou. Secondo quanto rivelato dai principali quotidiani statunitensi, i droni saranno privi di armamento ma non si esclude la possibilità  che in futuro possano essere utilizzati per eseguire raid missilistici «contro la crescente minaccia terroristica». Le missioni di spionaggio e strike potranno essere concordate con le forze armate francesi che dall’11 gennaio 2013 operano nel conflitto in Mali e saranno dirette da Us Africom, il comando statunitense per le operazioni di guerra in Africa con sede a Stoccarda (Germania). I velivoli senza pilota saranno stazionati molto probabilmente in una base aerea della regione desertica di Agadez, prossima ai confini con Mali e Algeria.
I negoziati per sviluppare la partnership Usa-Niger e definire lo status giuridico e le funzioni dei militari statunitensi chiamati ad intervenire nel paese africano erano stati avviati lo scorso anno. Un paio di mesi fa il comandante di US Africom, generale Carter Ham, si era recato in visita in Niger incontrando le massima autorità  civili e militari. Dopo lo scoppio dei combattimenti nel nord del Mali e l’intervento francese contro le milizie islamiche radicali di Aqim (al Qaeda in the Islamic Maghreb), le autorità  governative nigerine hanno deciso di mettere nero su bianco sul testo di negoziato bilaterale proposto da Washington. «Ci hanno espresso il desiderio di stringere con noi relazioni più solide e noi siamo stati felici di stringerle con loro», ha spiegato il portavoce del Pentagono, George Little. Oltre a dispiegare i droni, le forze armate Usa potranno utilizzare i principali campi di aviazione per stazionare gli aerei-spia condotti da piloti e alcune unità  speciali di pronto intervento che sosterranno le forme armate nigerine nel controllo delle frontiere e nell’addestramento «antiterrorismo». Il Pentagono non ha rivelato il numero dei militari Usa autorizzati a risiedere in Niger, ma solo per tenere in orbita una batteria di droni (quattro velivoli in volo per 24 ore consecutive), sono necessari non meno di 170 militari di supporto a terra.
Il Niger è uno dei paesi più poveri del continente africano: l’aspettativa di vita è di 54,7 anni, la mortalità  infantile del 160,3‰ mentre solo il 28,7% degli adulti sa leggere e scrivere. Ciononostante il governo destina buona parte delle risorse finanziarie statali per acquistare mezzi da guerra e affiancare l’alleato politico-militare nordamericano nella cosiddetta «lotta al terrorismo globale» scatenata dopo l’11 settembre 2001. Numerosi ufficiali del Niger sono stati invitati negli Stati Uniti per presenziare a corsi di «lotta anti-terrorismo», logistica e telecomunicazioni. Congiuntamente alle forze armate di Mali, Ciad e Mauritania e sotto il comando di Us Africom, i militari nigerini hanno partecipato a vaste esercitazioni nel deserto, con l’utilizzo di nuovi sistemi di guerra. Con l’ausilio dei consiglieri del Pentagono, nel dicembre 2004 le forze armate hanno pure lanciato una sortita in larga scala nella regione del Sahel – a più di 600 km di distanza dalla capitale Niamey – contro un gruppo di miliziani islamico-radicali con base in Algeria. Secondo quanto dichiarato dal vicecomandante delle forze armate Usa in Europa, generale Charles F. Wald, sarebbero già  stati formati e specializzati oltre 750 ufficiali provenienti da Niger, Mali, Ciad e Mauritania, con una spesa di 7,75 milioni di dollari. Nel 2009 il Corpo d’ingegneria di Us Army ha avviato un programma d’intervento nelle comunità  più povere e isolate della regione del Sahara occidentale grazie a un fondo di “assistenza umanitaria” gestito da Africom. Ovviamente l'”umanitario” punta ad accrescere il consenso locale al piano di penetrazione militare ed economica statunitense nella regione.
Il Dipartimento della difesa e la Cia hanno già  stazionato droni d’attacco e velivoli spia in diversi paesi africani. La principale base operativa è certamente quella di Camp Lemonnier a Gibuti, dove risiedono più di 2.000 militari statunitensi impegnati nei conflitti che lacerano il Corno d’Africa, lo Yemen e le regioni nord-orientali del continente. Secondo quanto pubblicato dal Washington Post, il centro-droni che coordina l’intero sistema d’intelligence in Africa si troverebbe in Burkina Faso. Dietro la copertura di un programma top secret denominato in codice Creek Sand, una decina di militari e contractor statunitensi opererebbero stabilmente all’interno della zona militare dell’aeroporto di Ouagadougou. Gli aerei-spia decollerebbero pure dal Mali, dalla Mauritania, dall’Etiopia, dal Kenya, dall’Uganda e dall’arcipelago delle Seychelles (Oceano Indiano). Un’altra base potrebbe presto essere attivata in Sud Sudan e – come ammesso da alcuni ufficiali statunitensi – l’Algeria starebbe per autorizzare gli atterraggi e i decolli dei droni in cambio di training, equipaggiamento e sistemi d’arma Usa.


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