La primavera araba non basta, soprattutto per le donne
Nel suo rapporto annuale (World Report 2013), Human Rights Watch fa il punto sulla situazione dei paesi protagonisti negli ultimi due anni di proteste e ribellioni che hanno, in diversi casi, portato alla caduta di regimi. Il quadro, dal punto di vista dei diritti umani, è tutt’altro che positivo: dall’Egitto alla Libia, il rispetto dei diritti fondamentali è ancora lontano, soprattutto per quanto riguarda le donne.
“La creazione di stati rispettosi dei diritti umani è un lavoro lungo e difficile che richiede la realizzazione di istituzioni di governo efficienti, la formazione di corti indipendenti, la creazione di forze di polizia professionali e la capacità delle maggioranze di resistere alla tentazione di trascurare i diritti umani e il rispetto della legge”, afferma HRW. “Il fatto che costruire una democrazia sia difficile, tuttavia, non giustifica la tentazione di un ritorno all’ordine passato”.
Egitto. L’avvertimento dell’organizzazione internazionale è riferito soprattutto al caso dell’Egitto, dove la situazione è sempre più esplosiva. “La battaglia sulla Costituzione egiziana – spiegano gli autori del rapporto – dimostra quanto sia difficile proteggere i diritti umani. La Costituzione ha alcuni elementi positivi, tra cui la proibizione della tortura e della detenzione arbitraria”. Altri aspetti, però, vanno nella direzione sbagliata, a cominciare dalle disposizioni (decisamente troppo vaghe) sulle libertà di parola e di culto e dalle misure riguardanti la famiglia, che potrebbero avere – scrive HRW – “implicazioni pericolose per i diritti delle donne e l’esercizio di libertà sociali protette dalla legge internazionale”. Nel testo, inoltre, non c’è traccia dello sforzo di sottoporre l’esercito a qualche forma di controllo civile. Un fatto che – considerando le ultime affermazioni del capo delle forze armate (“Il Paese rischia il collasso”) – appare particolarmente grave.
(Scorri la pagina per leggere il resto dell’articolo)
Ancora scontri al Cairo, escalation di violenza contro le donne
Libia. Tra i paesi che hanno cambiato governo sull’onda della primavera araba, il caso della Libia dimostra meglio di tutti gli altri il problema di uno stato debole. La situazione attuale – spiegano gli autori – è frutto in primo luogo della volontà di Muammar Gheddafi di mantenere le istituzioni governative in uno stato di “sottosviluppo”, così da rendere più difficile ogni sfida al potere. Ancora oggi le milizie dominano molte parti del Paese, in alcuni casi compiendo gravi abusi nella totale impunità . Allo stesso tempo, migliaia di persone si trovano in stato di detenzione senza accuse specifiche e senza aver subito alcun processo, ostaggio o delle forze governative o delle milizie.
Siria. La situazione della Siria, dove la guerra civile continua ormai da due anni, è particolarmente drammatica. Secondo le Nazioni Unite, il conflitto ha fatto oltre 60mila morti, tra cui tantissimi bambini. Non ci sono dubbi sul fatto che il regime di Bashar al-Assad si sia macchiato di atroci crimini contro l’umanità , così come ci sono prove di esecuzioni sommarie e altri abusi condotti dalle forze di opposizione. Un modo per sbloccare la situazione – suggerisce HRW – sarebbe una decisione da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di portare il caso di fronte alla Corte Penale Internazionale. Il problema, però, rimangono i veti di Russia e Cina. A questo proposito, l’organizzazione internazionale invita gli altri Paesi a esercitare una maggiore pressione sui governi cinese e russo affinché rivedano la loro posizione. (L’ultimo orrore dalla Siria: strage di adolescenti ad Aleppo).
I diritti delle donne. Il rapporto dedica un’attenzione particolare ai diritti delle donne, una questione controversa nei paesi in cui al potere sono salite forze islamiche. Anche qui il riferimento è soprattutto all’Egitto, dove nei giorni scorsi si è registrata un’escalation di violenza ai danni della popolazione femminile. “Alcuni oppositori – spiega Kenneth Roth – sostengono che la parità dei diritti tra uomini e donne sia un’imposizione occidentale, in contrasto con la cultura islamica o araba. Il punto è che il rispetto dei diritti umani fondamentali assolutamente non impedisce alle donne di condurre uno stile di vita religioso o conservativo, se è quello che desiderano. Ed è proprio dal trattamento delle donne che si misurerà la capacità dei governi portati al potere dalla primavera araba di tenere fede alle promesse da cui nati”.
“Le incertezze della libertà – conclude il rapporto – non sono in nessun caso una giustificazione per tornare alla prevedibilità forzata della legge autoritaria. Il cammino può essere insidioso, ma l’alternativa è consegnare interi paesi a un lugubre futuro di oppressione”.
Related Articles
Consiglio d’Europa: Italia maglia nera per sovraffollamento e carcere preventivo
Da Strasburgo arriva una fotografia delle nostre prigioni che dovrebbe far vergognare il governo giallo-bruno
Tante ore sui banchi ma si investe poco Prof, paghe in calo
I dati Ocse. Il ministero: giusta la nostra linea
Lavoro autonomo, una nuova specie di proletariato
Quinto Stato. Cgia di Mestre: un lavoratore autonomo su quattro è a rischio povertà. Un rischio quasi doppio rispetto ai dipendenti