Gli islamisti si dileguano Riemerge Timbuctù

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BAMAKO — Le truppe francesi dell’operazione «Serval» e quelle maliane sono alle porte della mitica Timbuctù, stanno mettendo in sicurezza Gao, mentre i Mirage bombardano l’obiettivo militarmente più importante, Kidal, città  sahariana ancora più a nord a 1500 chilometri da Bamako, dove si sono raggruppati gli islamisti e i loro capi. La notizia diffusa ieri mattina da fonti ufficiali dell’esercito francese secondo cui sarebbe colpita e distrutta l’abitazione del leader tuareg di Ansar Dine Iyad ag Ghali non è stata confermata da fonti indipendenti, giacché in tutto il nord del Mali la rete dei telefoni cellulari è stata disattivata e a nulla sono valsi i tentativi di raggiungere i telefoni satellitari. Anche l’elettricità  è saltata e non è facile ricaricare gli apparecchi.
Comunque è opinione comune che i leader dei gruppi fondamentalisti, Mujao (Movimento per l’Unicità  e la Jihad in Africa Occidentale), Aqmi (Al Qaeda per un Maghreb Islamico), e Ansar Dine siano tutti già  scappati sulle montagne e nel deserto.
Timbuctù, la mitica città  dei 333 santi, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità , i cui preziosi e antichi monumenti sono stati distrutti dalla furia iconoclasta dei fanatici di Allah, cadrà  oggi all’alba. Ieri pomeriggio dentro l’abitato sono entrati soltanto pochi uomini dell’avanguardia in ricognizione. «Pensare di resistere ai bombardamenti aerei francesi è pura follia — spiega Serge Daniel, giornalista e scrittore, autore del libro Aqmi, L’industrie de l’enlèvement (Aqmi, l’industria del rapimento), un’analisi profonda del fenomeno islamico nel Maghreb —. Invece più a nord dove i confini di Mali, Algeria, Mauritania si mescolano nella sabbia i radicali possono trovare la protezione della natura e delle popolazioni locali».
Secondo Serge Daniel, i leader islamici hanno già  fornito i loro santuari di riserve d’acqua, carburante e arsenali nascosti tra le dune o nelle grotte delle montagne. Si rifugeranno da qualche parte e continueranno il loro lavoro a metà  tra il criminale e il religioso: «Anche se la casa di Iyad ag Ghali è stata distrutta c’è da scommettere che lui era già  scappato».
Al seguito delle truppe francesi e maliane sono arrivati anche i soldati inviati dall’Ecowas, la comunità  economica dell’Africa Occidentale: togolesi, ghanesi, burkinabé, beninesi, nigerini, nigeriani. Presenti in Mali, a Gao, anche i ciadiani che non fanno parte dell’organizzazione e ieri ad Addis Abeba all’assemblea annuale dell’Unione Africana Hailemariam Desalegn, primo ministro dell’Etiopia, che andrà  a presiedere l’organizzazione per il prossimo anno, ha promesso che saranno inviati altri 600 uomini. Per altro Thomas Boni Yayi del Benin, il Paese che ha avuto la presidenza dell’Ua fino a ieri, ha criticato se stesso per la lentezza con cui ha reagito e ha elogiato il coraggio francese difendendo l’intervento armato.
Ieri gli Stati Uniti hanno deciso di appoggiare logisticamente l’operazione «Serval». Sono stati messi a disposizione aerei cisterna americani per rifornire in volo i Mirage francesi, durante le loro missioni contro le posizioni dei ribelli islamici. Gli aerei sono già  operativi dalla notte scorsa e hanno già  compiuto le prime missioni. Non atterreranno in Mali, se non eccezionalmente, ma partiranno da basi europee, come ha fatto sapere un ufficiale all’aeroporto di Bamako. Finora l’intervento americano si era limitato a scambiare informazioni di intelligence e al trasporto della fanteria dalle basi in Francia a Bamako.
Massimo A. Alberizzi


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