La Procura stringe sui fondi per l’acquisto Antonveneta

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SIENA — La missione oggi è tranquillizzare la Borsa. Spiegare con ogni mezzo, anche con messaggi via Facebook, che Mps è solida, che i clienti non corrono rischi, che «l’oneroso» aiuto di Stato mette in sicurezza l’istituto senese. «Il fatto che Banca d’Italia abbia rilasciato l’autorizzazione per i 3,9 miliardi di Monti bond è senza dubbio un ulteriore elemento di tranquillità  anche per i mercati», ha detto ieri l’amministratore delegato Fabrizio Viola. Il banchiere dovrebbe tornare a riunire il 6 febbraio il consiglio per valutare l’onere dei contratti derivati al centro dello scandalo, da Alexandria a Santorini a Nota Italia, oggetto del secondo filone d’indagine, quello più recente, aperto dalla Procura di Siena (che ha ricevuto le carte anche dai pm di Milano) per falso in bilancio, ostacolo alla vigilanza e appropriazione indebita — quest’ultima per l’ipotesi che qualche manager della banca possa aver ricevuto tangenti per realizzare quei contratti.
Il primo filone di inchiesta, quello venuto alla luce con la maxiperquisizione del 9 maggio e che vede indagati l’ex presidente Giuseppe Mussari, il direttore generale Antonio Vigni e l’ex collegio sindacale (Tommaso Di Tanno, Leonardo Pizzichi e Pietro Fabbretti), è invece aperto per ostacolo alla vigilanza e aggiotaggio. In particolare, al centro delle indagini ci sarebbero le modalità  di reperimento delle risorse finanziarie per l’acquisizione di Antonveneta, 9 miliardi cash più altri 7 per sostituire i finanziamenti concessi da Santander all’istituto padovano, nonché i finanziamenti alla Fondazione Mps attraverso le cedole del bond «fresh» del 2008 da 960 milioni di euro. I pm senesi Antonino Nastasi, Giuseppe Grosso e Aldo Natalini con il nucleo valutario della Guardia di Finanza stanno spulciando tutti i verbali del consiglio di amministrazione dal 2007 a marzo 2012 oltre ad aver ascoltato circa 90 persone tra manager, amministratori, banchieri d’affari e politici senesi. Dalle indiscrezioni su presunti coinvolgimenti nell’affare Antonveneta si è sfilata invece ieri ufficialmente l’Opus Dei, tirata in ballo da alcune ricostruzioni a causa della partecipazione alla prelatura personale di Emilio Botin, il numero uno del Santander.
«Desideriamo chiarire che la prelatura dell’Opus Dei è totalmente estranea alla vicenda e che le sue attività  non c’entrano nulla con banche e questioni economiche», ha dichiarato in una nota Bruno Mastroianni, direttore dell’ufficio informazioni dell’Opera.


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