Bersani già  pensa a spacchettare l’Economia

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Perciò il candidato premier del centrosinistra si interroga sul ruolo e le funzioni del Superministero, perciò ragiona attorno all’idea dello «spacchettamento». I super poteri che la legge assegna al titolare dell’Economia sono un problema tecnico e politico, un tema che nel Pd hanno iniziato ad analizzare. E se la discussione è avviata, non è perché i Democratici pensino di aver già  vinto la sfida delle urne, ma perché hanno intenzione di arrivarci pronti. Pertanto, siccome quel dicastero sarà  al crocevia delle decisioni più delicate da assumere ai tempi della Grande Crisi, «non potremo permetterci — come spiega il capogruppo Franceschini — un ministro che faccia il controcanto al presidente del Consiglio».
Bersani è consapevole del problema, e c’è un motivo se introduce il suo ragionamento sottolineando che «l’Europa va tranquillizzata». Gli alleati dell’Unione — l’ha ripetuto a più riprese — «devono sapere che manterremo gli impegni presi dall’Italia». Proprio per questo, però, non potrebbero esserci esitazioni e men che meno contrasti nei ruoli chiave del futuro gabinetto: sarebbe necessario un legame «strettissimo» tra Palazzo Chigi e via XX Settembre. E già  si pone — secondo il leader del Pd — una questione di struttura in quel dicastero, dato che «la tecnocrazia ha assunto un potere per certi versi superiore a quello di un ministro». È il preannuncio di uno spoil system di funzionari e dirigenti.
Ma il nodo è soprattutto politico, perché non è pensabile continuare ad avere contemporaneamente due presidenti del Consiglio. È un argomento che venne sollevato già  due anni fa dall’allora ministro dell’Interno Maroni, nel momento più critico delle relazioni tra Berlusconi e Tremonti: «L’economia non è più un dicastero, è un governo. Di fatto — disse l’attuale leader della Lega — la presidenza del Consiglio è stata ridotta a suo gabinetto particolare. È mia convinzione che si debba spacchettare». E la parentesi del gabinetto tecnico ha dimostrato che il problema sussiste, se è vero che Monti ha tenuto a lungo la delega dell’Economia prima di cederla al suo vice, Grilli.
Memore del passato, e intenzionato a non ripetere gli stessi errori, il capo dei Democrat sta ragionando sul futuro: «Tutto dipende dal tipo di rapporto che c’è tra il premier e il titolare di quel dicastero. Quindi, o c’è un rapporto fiduciario oppure è preferibile spacchettare». Non sarebbe una decisione facile, perché servirebbe un passaggio legislativo per operare la divisione del Superministero. Ma il tema è all’attenzione di tutti, non solo del Pd, se anche Casini ammette che «è un problema quel dicastero così grande e con troppe deleghe». Ad un solo esponente dell’esecutivo fanno riferimento le entrate con le Finanze, le uscite con il Tesoro, il budget con il Bilancio, il controllo delle società  pubbliche con le Partecipazioni Statali, l’Agenzia delle entrate, l’Agenzia del territorio, quella del demanio, la Guardia di Finanza… «Cos’è questo, se non il governo?», si chiese a suo tempo Maroni.
Così nel Pd si discute se «spacchettare» o almeno «dimagrire» il Superministero. Ed è vero che per ora Bersani chiede ai suoi dirigenti di concentrarsi sulla campagna elettorale. Ma non c’è dubbio che il tema sia all’attenzione dei vertici del partito, c’è infatti – come dice il responsabile economico Fassina — «un accenno di discussione»: se scorporare solo alcune deleghe, come quella del Mezzogiorno, o separare le Finanze da Tesoro e Bilancio. Una decisione non è stata presa, ovviamente, anche perché — aggiunge Fassina — un intervento chirurgico sul ministero chiave del governo «non sarebbe un bel segnale, visto che in tanti Paesi europei quelle deleghe sono accorpate in un unico dicastero». Ma negli altri Paesi europei ruolo e funzioni di un capo di governo sono nettamente superiori a quelli del premier italiano.
E nessuno vuole replicare il film che vide protagonisti Berlusconi e Tremonti. Sicuramente non Bersani. Tre schemi sono stati studiati finora nel Pd. Il primo, prevedeva di assegnare il Superministero al secondo partito della coalizione: una soluzione che sta tramontando visto il logoramento dei rapporti con Monti. Il secondo schema, è di affidare l’incarico a un tecnico di area, e il nome di Barca circola con insistenza pari alle smentite del ministro per la Coesione territoriale. Il terzo schema è di puntare su un politico che sia esponente del partito, identikit che si avvicina a quello di Enrico Letta. Chissà  quale sarà  la scelta, chissà  anzitutto come andranno le elezioni. Ma una cosa è certa, se Bersani arriverà  a Palazzo Chigi non vorrà  l’ombra di un altro presidente del Consiglio a via XX Settembre: «O c’è un rapporto fiduciario tra il premier e il ministro dell’Economia o è preferibile spacchettare».


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