Premier-Pdl, lite sul «dopo» E il Cavaliere: possiamo vincere

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ROMA — Mario Monti per il dopo voto non esclude di dialogare anche con il Pdl. Ma a una condizione, e cioè che non ci sia più il Cavaliere. «Il Pdl — ipotizza — non sarà  sempre guidato dall’onorevole Berlusconi. Del resto, di lì sono venute singole personalità  nelle nostre liste che avevano voglia di fare le riforme, anziché tutelarsi con uso forzato della giustizia. E quindi si potrebbe benissimo immaginare una collaborazione, una volta mondata e emendata dal tappo che per natura sua impedisce le riforme». A replicargli è Angelino Alfano che, assieme a Silvio Berlusconi, ha aperto ufficialmente la campagna elettorale in una manifestazione per la presentazione dei candidati: «Se c’è una cosa dalla quale il Paese deve essere mondato questa è Monti e il governo dei tecnici». E subito dopo aggiunge: «Il Pdl o è con Berlusconi leader o non è. Se lo tolgano dalla testa». Più sarcastico Osvaldo Napoli, che coglie nelle parole del premier «l’espressione di una doppia personalità : da un lato il dotto economista che usa un eloquio misurato, dall’altra l’uomo che non esita a ricorrere a battute da osteria, come quella sul tappo o, qualche giorno addietro, quella sulla statura di alcuni suoi critici. Immagino gli sia stato suggerito da qualche spin doctor per nascondere i propri fallimenti».
Schermaglie Monti-Udc
Monti ha pure uno scambio non proprio tenero con l’alleato Pier Ferdinando Casini. Con lui, obietta a chi gli domanda se si frequentino come prima alludendo a un certo raffreddamento tra i due, «ci vediamo più raramente adesso di quando il governo lavorava a pieno regime». E poi precisa: «Adesso ognuno va per la sua strada, Casini ed io, in modo coordinato sullo stesso progetto politico, interpretato in modi diversi, ma con piena armonia». Casini, però, puntualizza: «Se non ci fosse stata l’Udc Monti non sarebbe mai arrivato a Palazzo Chigi», aggiungendo che «noi stiamo facendo la parte dei donatori di sangue, ma lo facciamo volentieri. Abbiamo un rapporto di sintonia con Monti e Fini. Abbiamo un’armonia coordinata, marciamo divisi per colpire uniti».
Berlusconi, l’atto di fede
Il Cavaliere è convinto che la vittoria sia a portata di mano e in un lunghissimo intervento alla presentazione dei candidati in un teatro romano illustra loro come devono agire sul territorio. Sarà  una campagna «porta a porta». «Il successo è un atto di fede, bisogna crederci per raggiungerlo», garantisce l’ex premier. Il messaggio è volto a galvanizzare i circa mille che corrono per un seggio in Parlamento. E a quelli raccolti nella platea del Capranica pone una domanda: «Voglio fare un sondaggio. Chi tra voi pensava uno-due mesi fa che potevamo vincere?». Si levano poche braccia. «Siete 32 e con me 33», nota. «E allora tutti ai posti di combattimento, dobbiamo recuperare il 5% in 30 giorni», è la sua esortazione. Dopo di che spiega perché il partito abbia deciso di tagliare gli impresentabili. Un gesto dettato da un’esigenza concreta: evitare gli attacchi e riguadagnare consensi. «Eravamo, siamo, e saremo sempre garantisti», premette alludendo alla decisione di non inserire nelle liste personaggi sottoposti a indagini, alcuni dei quali (caduto lo scudo parlamentare che attualmente li protegge) rischiano di finire in carcere. «Abbiamo fatto — argomenta — una ricerca approfondita con Euromedia e ci hanno comunicato che avremmo perso tra un milione e mezzo e due milioni di voti tra coloro che nel 2008 avevano votato per noi e sono tra gli indecisi o astenuti». Di fronte a questi dati, è prevalso il principio di realtà , e cioè «abbiamo dovuto chiedere un passo indietro ad alcuni amici, cosa che cozza con il nostro garantismo». Del resto, aggiunge, «si era verificato un fenomeno preoccupante: che l’opposizione e i suoi giornali, prendendo la scusa che questi amici sono invischiati in alcuni processi, ci accusassero di essere conniventi con la mafia, portando la discussione non sui programmi ma solo sui candidati impresentabili». Comunque, rileva Berlusconi, «quasi tutti lo hanno fatto spontaneamente. A chi si è tirato indietro il mio amore e il mio ringraziamento per sempre». Non solo. Berlusconi si scusa «per gli errori che sono stati compiuti, dettati, in taluni casi, dallo stato di necessità », dato che «io ed Alfano abbiamo trascorso tre notti in bianco e forse siamo incorsi in alcuni errori, come paracadutare due candidati che non erano propriamente della Regione».
Maroni e il «Prof inciucio»
Il leader leghista Roberto Maroni esclude qualsiasi forma di collaborazione in futuro con il premier. «Mario Monti è il professor inciucio — dice —, prima con il Pd poi con il Pdl, ma gli dico una cosa: lasci stare la Lega, con la Lega non c’è alcuna possibilità ».


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