Derivati, perché Monti li ha esclusi dalla legge?

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Nella bufera per una brutta faccenda di derivati stipulati per coprire perdite pregresse e che rischiano di creare una voragine da centinaia di milioni di euro. Il cui ex-presidente Mussari si è dimesso dalla presidenza dell’Associazione Bancaria Italiana.
Santorini e Alexandria sono il nome di due derivati che tramite l’intervento di altre banche internazionali avrebbero permesso tra le altre cose al Monte dei Paschi di «abbellire» il bilancio del 2009, nascondendo momentaneamente delle perdite che stanno adesso tornando in superficie, con importi e modalità  ancora tutti da chiarire.
La stessa Monte Paschi dovrebbe richiedere 3,9 miliardi di euro in aiuti di Stato. Secondo le prime stime del governo, dall’introduzione dell’Imu sulla prima casa dovevano arrivare 3,8 miliardi. Un obolo versato da tutti i proprietari di una casa, in attesa di capire a quanto potranno ammontare le perdite dell’affaire derivati.
Parliamo degli strumenti principe della finanza speculativa. I derivati permettono ad esempio di comprare o vendere qualcosa in una data futura ma ad un prezzo fissato al momento dell’acquisto del derivato stesso. Sono nati come strumenti di copertura dai rischi, ma oggi vengono utilizzati nella stragrande maggioranza dei casi come una pura scommessa su un evento futuro. Oggi è possibile speculare persino sul fallimento di intere nazioni o sul prezzo delle materie prime e del cibo, andando in pratica a scommettere sulla devastazione sociale in Grecia o sulla fame dei più poveri.
Altre volte i derivati permettono di «nascondere» delle perdite nei bilanci, salvo farle ricomparire di solito gonfiate negli anni successivi. È quello che è successo con moltissimi enti locali negli scorsi anni, in Grecia per «aggiustare» i conti in vista dell’ingresso in Europa, e a quanto è dato sapere, nel caso del Monte dei Paschi.
Mentre in Italia esplodeva questa vicenda, in Europa l’Ecofin dava il via libera definitivo al percorso europeo verso una tassa sulle transazioni finanziarie. Finalmente un segnale della volontà  politica di controllare, e non compiacere, una finanza ipertrofica e fuori controllo, che causa continue crisi e ne scarica il costo sui cittadini. Se dopo anni di campagne di pressione e di informazione la decisione europea rappresenta un notevole passo in avanti, molto rimane ancora da fare. Sono diverse le possibilità  di disegnare la tassa, rendendola più o meno efficace sia nel contrasto alla speculazione, sia nel generare un gettito che i sostenitori chiedono sia destinato al sostegno al welfare, alla cooperazione internazionale e alla lotta contro i cambiamenti climatici.
Il percorso europeo va in parallelo con quello intrapreso dal governo italiano, che con l’ultima legge di stabilità  ha introdotto una tassa per alcuni versi analoga. Il problema è che la proposta italiana è decisamente debole, da diversi punti di vista. Vengono tassate unicamente le azioni delle imprese quotate di maggiore dimensione (sopra i 500 milioni di euro di capitalizzazione) e i derivati sulle azioni. Questi ultimi rappresentano unicamente il 2% del totale dei derivati che circolano sui mercati. La stragrande maggioranza di questi strumenti viene esclusa dall’attuale tassazione italiana. La speranza è che ora il processo europeo possa colmare questi e altri pesanti limiti della proposta elaborata dal governo Monti.
Di fatto il testo contenuto nell’ultima legge di stabilità  è talmente lontano dalle aspettative e dalle richieste delle organizzazioni che da anni ne chiedono l’introduzione, che il rischio è addirittura che diventi un boomerang: una proposta così debole potrebbe dare ai critici un argomento per «dimostrare» che la tassa non funziona.
È interessante notare che nel percorso della legge di stabilità  tra Parlamento ed esecutivo, l’esclusione dei derivati è arrivata in seguito a un emendamento proposto dal governo al testo presentato dallo stesso governo. A volere pensare male, si potrebbe sospettare che all’esecutivo guidato da Monti siano arrivate le pressioni e i «consigli» del mondo bancario e finanziario, per ammorbidire le disposizioni ed escludere in particolare i derivati. Chiaramente però è solo una maldicenza. Il nostro sistema bancario non ha nulla da nascondere, non gioca con i derivati e, vale la pena riprendere la citazione iniziale, ispira «ogni comportamento all’etica della responsabilità ».


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