Alt del Pentagono: “F-35 a rischio fulmini” bufera sui caccia che l’Italia paga 15 miliardi

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COSTOSISSIMO, difficile da mettere a punto, forse persino già  superato: l’F-35, il cacciabombardiere più caro della storia, adesso sembra anche vulnerabile al brutto tempo. È una beffa: il progetto Joint Strike Fighter era stato battezzato con il nome commerciale di Lightning, cioè saetta. Eppure ha paura dei lampi.
LO RIVELA un documento del Pentagono, citato dal Sunday Telegraph, che sottolinea i difetti costruttivi. Fra questi c’è la vulnerabilità  al maltempo: per farne diminuire il peso, gli ingegneri della Lockheed-Martin hanno sbagliato nel progettare il serbatoio, che potrebbe esplodere se colpito da un fulmine. Per questo i piloti collaudatori hanno l’ordine di non avvicinarsi a meno di 40 chilometri dai temporali.
Un cacciabombardiere capace di operare solo con il bel tempo non sembra di grande utilità , tanto più se dall’F-35 dovrà  dipendere, come assicura l’Aeronautica, la sicurezza del Paese. La Lockheed-Martin ha subito assicurato che il problema è in via di soluzione, e che non comprometterà  l’efficacia dei jet definitivi. «Non mi preoccuperei di un difetto in questa fase», aggiunge Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della Difesa e pilota esperto: «Tutti gli aerei, come le auto, hanno qualche guaio all’inizio della produzione. E oggi la tecnologia permette di scoprire gli errori in anticipo: ricordo che il progettista dell’F-104 raccontava di aver dovuto “sacrificare” sette collaudatori per la messa a punto del caccia».
Ma la paura dei fulmini è solo l’ultimo intoppo di un progetto che nella migliore delle ipotesi va definito molto sfortunato. Nei documenti tecnici del Pentagono, l’F-35 è sempre al centro delle contestazioni: una volta non funziona il casco del pilota (che contiene una serie di comandi), un’altra volta saltano fuori inattese fragilità  post-atterraggio, e così via. Le varie “toppe” messe dai progettisti sembrano causare più problemi di quanti ne risolvano, al punto che l’aereo è già  molto più pesante del previsto (supera le 13 tonnellate) e persino, secondo la stampa americana, molto più vulnerabile degli aerei che dovrebbe sostituire (per l’Italia, gli Amx e i Tornado).
Uno dei nodi fondamentali è quello industriale: il contratto dei Paesi interessati prevedeva che le linee produttive partissero prima della fine della sperimentazione. Insomma, quando finalmente saliranno sull’F-35 (che intanto viene testato solo da piloti Usa e britannici) i piloti italiani dovranno mettere la loro esperienza a disposizione della casa costruttrice. «In ogni caso le modifiche», garantisce Camporini, «saranno poi applicate a tutti gli esemplari».
A rendere gli osservatori più critici c’è l’enorme costo complessivo, quasi 400 miliardi di dollari per circa 2500 aerei in tutto, che ha spinto alcuni paesi a ritirarsi dal progetto: dopo la sospensione decisa da Norvegia e Australia, dopo il “no” del Parlamento olandese, ultimo è stato il Canada, che ha deciso di rinviare ogni decisione sull’acquisto a quando i test saranno conclusi e il prezzo sarà  definitivo. Un rapporto indipendente della Kpmg aveva valutato la spesa necessaria per 65 aerei in 45 miliardi di dollari canadesi in 42 anni, tre volte le cifre dichiarate da Ottawa. Lo stesso conto si può fare per l’Italia, che di aerei ne vuole 91. Secondo gli esperti, a pieno regime produttivo il caccia non potrà  costare meno di 150 milioni di dollari nelle versioni più semplici, ma potrebbe superare i 200. L’Italia ha già  stanziato 15 miliardi di euro, ma è una cifra destinata a salire, con una compartecipazione industriale considerata quasi marginale. Ieri la controversia è approdata nuovamente in Parlamento: per Antonio Di Pietro «è gravissimo che si sperperino soldi pubblici per F-35 e sommergibili mentre le famiglie non arrivano a fine mese», Nichi Vendola ha chiesto che le risorse destinate ai caccia siano usate per la scuola e il verde Angelo Bonelli ha definito la spesa «uno schiaffo in faccia all’Italia onesta». Nessuna replica dal ministro della Difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Paola.


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