ECONOMIA ED ECOLOGIA UN PIANO SOSTENIBILE
Non è il “libro dei sogni energetici”. Ma una proposta concreta lanciata dalla Fondazione consumo sostenibile, di cui è presidente Paolo Landi e a cui aderiscono numerose associazioni dei consumatori, sulla base di una ricerca presentata ieri a Roma dallo Studio Cremonesi Consulenze, nella sede del Gse (Gestore servizi elettrici). Si tratta, insomma, di un piano per una nuova Strategia energetica nazionale, fondata sull’efficienza, sulle fonti rinnovabili e sulla riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano.
Nel vuoto di idee e di iniziative che ha paralizzato in materia anche il governo dei tecnici, questo potrebbe diventare il “driver” della nostra ripresa economica, come fu a livello mondiale la produzione bellica dopo la crisi del ’29. Una “guerra civile” contro i consumi, gli sprechi e l’effetto serra che provoca il surriscaldamento del pianeta e le turbolente variazioni climatiche. E anche una “santa alleanza” tra economia ed ecologia, nel segno della Green Economy, come opportunità di business e strumento di sviluppo sostenibile.
Su una bolletta energetica nazionale di oltre 102 miliardi di euro all’anno, fra abitazioni, edifici pubblici e aziende, con un rating globale di efficienza pari appena al 54%, secondo lo studio presentato dalla Fondazione si potrebbero risparmiare così 47 miliardi di euro all’anno, pari al 46% del costo attuale; evitare di consumare 48 miliardi di tonnellate equivalenti di petrolio (pari al 43% del nostro fabbisogno energetico) e, di conseguenza, ridurre le emissioni nocive di 118 milioni di tonnellate all’anno (pari al 44% delle emissioni di CO² da famiglie, imprese ed enti pubblici e al 24% di quelle globali italiane).
Nello stesso tempo, oltre a ridurre gli sprechi energetici e di conseguenza a risparmiare denaro, il piano prevede la creazione di 500 mila nuovi posti di lavoro, “locale e qualificato”, con un indotto di 33 miliardi l’anno per dieci anni, pari al 3% del Pil nazionale. E si tratta, per fare un confronto, di un fatturato superiore a quello di Fiat Auto Italia. In pratica, una “grande fabbrica verde”, tanto energetica quanto ecologica.
Il piano di finanziamento, da definire nei dettagli tecnici magari con la collaborazione e l’imprimatur dell’Abi, s’impernia su un Fondo di garanzia che dovrebbe alimentare investimenti a “costo zero” immediatamente cantierabili, già provvisti cioè di progetti esecutivi e delle relative autorizzazioni. In questo deposito a rotazione, confluirebbero gli incentivi statali che ora vengono erogati direttamente all’utente, “green bond” da offrire al mercato e altri canali finanziari privati. Nell’arco del decennio, gli investimenti verrebbero ripagati dai risparmi così realizzati.
Sebbene siano prevedibili resistenze e ostacoli da parte della potente “lobby dell’energia”, a cominciare da quella dei petrolieri, il modello operativo punta a coinvolgere tutti i player in campo: i consumatori, gli installatori, i fornitori di energia, le Esco (Energy service companies) e naturalmente le banche. Ma anche per molti di questi soggetti l’occasione sarebbe più che propizia per “convertirsi” definitivamente alla Green economy, adottando le tecnologie che consentono di ridurre il fabbisogno energetico (isolamento edilizio, termoregolazione, contabilizzazione, domotica, elettrodomestici e illuminazione a basso consumo); di accrescere l’efficienza energetica (caldaie a condensazione o a biomassa, pompe di calore, cogeneratori, recuperatori di calore e quant’altro); e infine di utilizzare le energie rinnovabili (solare termico e fotovoltaico, biomassa, turbine eoliche e idrauliche, fotovoltaico + pompa di calore). Una “rivoluzione industriale”, insomma, all’insegna della sostenibilità , in linea con le direttive europee e i protocolli internazionali in tema di lotta al “global warming”.
In un Paese come il nostro che ha coltivato per troppo tempo l’incubo nucleare, respinto ormai dal responso irrevocabile di un referendum popolare, un progetto del genere può anche apparire un “sogno” o addirittura un’utopia. Ma la verità è che in Italia, come nel resto del mondo sviluppato, stiamo sprecando troppa energia e le risorse prodotte dal pianeta non bastano più. È una grande questione ambientale, economica e perfino etica.
Abbiamo cominciato a “mangiare” la Terra come una gigantesca mela globale. E a questo ritmo, rischiamo di non garantire più la sopravvivenza a noi stessi né tantomeno ai nostri figli e nipoti.
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