L’Est europeo guarda a Russia e Cina
VIENNA — «Visto che per lo sviluppo ci servono capitali, e questi scarseggiano nell’Eurozona, ci rivolgiamo ad est: Russia, Cina, India, Turchia, Medio Oriente». Più esplicito di così Mladan Dinikic, ministro della Finanze della Serbia, non potrebbe esserlo. «Continuiamo a lavorare alla candidatura per entrare nell’Ue »: ma fa capire che non ha più fretta. «Gli interessi sui nostri titoli di Stato sono scesi dal 7,25 al 4,8 per cento in un anno ». Il sottosegretario al Tesoro della Polonia, Wojciech Kowalczyk, è se possibile più duro: «Il costo dei nostri Cds (credit default swap, le assicurazioni contro il rischio fallimento, ndr) è inferiore a quello della Francia». I mercati credono più a Varsavia che a Parigi: come dargli torto, con una crescita nel 2012 del 3 per cento mentre l’Europa è sottozero, e con il 62 per cento della popolazione sotto i 30 anni?
Benvenuti nella nuova Europa centro-orientale. L’annuncio di quella che informalmente è stata battezzata Vienna Initiative avviene alla conferenza annuale di Euromoney nella città da sempre simbolo del ponte est-ovest: 22 anni dopo lo scioglimento dell’Urss, il blocco ex-sovietico, conseguito il modello di sviluppo occidentale, si rivolge
per finanziarsi non all’occidente medesimo ma guarda caso alla Russia nonché ai Paesi ancora più a est.
Un paradosso spiegato con il fatto che proprio lì, per un capriccio della storia, si trovano oggi le maggiori forze finanziarie caparbiamente votate a un cammino di crescita rispetto all’asfittica Europa. Che resta però il modello: «E’ nata la Eurasian economic commission per il libero scambio fra Bielorussa, Kazakhistan e Russia», dice il presidente della Banca europea per la ricostruzione, Suma Chakrabarti (indiano laureato ad Oxford, ulteriore beffa per l’occidente). «E’ modellata sulla commissione di Bruxelles. Con la quale vogliamo collaborare nel segno dell’integrazione ». Le comunità da oggi sono due.
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