Il Vaticano sul figlio alla coppia gay «I bambini non sono una merce»

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ROMA — Una coppia omosessuale può crescere un bambino? La Chiesa e le istituzioni cattoliche insorgono e dicono no. «Una sentenza ambigua», scrive il quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, quella della Cassazione che ha confermato l’affido esclusivo del figlio a una madre omosessuale che vive con una compagna. «Il bambino non è una merce», aggiunge monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio consiglio per la famiglia, a Radio Vaticana. «Non basta il desiderio di avere figli a costituire un diritto», interviene l’Osservatore Romano, quotidiano della Santa Sede.
Avvenire ci tiene a sottolineare che la sentenza non «apre» alle adozioni da parte di coppie omosessuali, ma si è solo occupata di un caso specifico, riconfermando ciò che già  la Corte d’appello aveva stabilito, e cioè che il bambino deve restare con la madre anche perché il padre, un musulmano che ha abbandonato il figlio quando aveva dieci mesi e ha adottato comportamenti violenti in passato, per molto tempo si è disinteressato a lui, rinunciando anche ai colloqui protetti.
E tuttavia alle istituzioni cattoliche non è piaciuta quella parte della sentenza che sottolinea come non ci si possa accontentare del «mero pregiudizio»: va «dimostrato», ha scritto la Prima sezione civile, che crescere con due genitori omosessuali mina «l’equilibrato sviluppo» del bambino; non ci sono «certezze scientifiche o dati di esperienza» che possano stabilire il contrario. È questo che preoccupa la Chiesa. È questo che provoca «sconcerto», secondo Avvenire. Il quotidiano dei vescovi italiani, in un articolo a firma del giurista Carlo Cardia, dice che la sentenza è «pericolosa» perché ha scelto sì il «male minore» ma ha anche cancellato «tutto ciò che l’esperienza umana, e con essa le scienze psicologiche, ha elaborato e accumulato in materia di formazione del bambino». Monsignor Paglia va oltre e, senza mai fare riferimento alla Cassazione, sgombra il campo dagli equivoci: «L’adozione dei bambini da parte degli omosessuali porta il bambino ad essere una sorta di merce» mentre invece deve «nascere e crescere all’interno di quella che, da che mondo è mondo, è la via ordinaria, cioè con un padre e una madre». L’Osservatore Romano non è da meno e ribadisce la «peculiarità  della genitorialità  come espressione del matrimonio eterosessuale che deve essere ribadita».
Esultavano ancora ieri le associazioni gay. I giudici sono intervenuti, dicono, perché c’è un «vuoto legislativo» e hanno comunque «riconosciuto che l’omosessualità  non è di per sé un pregiudizio per la crescita di un bambino». E comunque, «non si torna indietro, il cammino dei diritti è inesorabile». «La sentenza è di buon senso — spiega Paola Concia, Pd —. Registra la realtà , ovvero che un bambino può crescere normalmente in una famiglia omosessuale. L’orientamento sessuale non ha influenza sullo sviluppo psicofisico del bambino». Paolo Ferrero (Prc) aggiunge: «La sentenza è un passo avanti, un segno di civiltà ».
Per Gasparri e per la Lega, al contrario, «la sentenza crea un precedente pericoloso» ma non tutto il Pdl è su queste posizioni: Fabrizio Cicchitto dice che «sono in atto forzature di opposto segno, nel senso che è evidente che i magistrati hanno affidato il bambino alla madre indipendentemente dalle sue abitudini e relazioni sentimentali e sessuali».
Sorpresa la madre del bambino. Il suo avvocato Raffaella Richini commenta: «Lo scalpore di questa sentenza ha stupito me e la mia assistita. Il bambino vive serenamente la situazione perché per lui è la normalità . La mia assistita si è battuta per dimostrare di essere una buona madre. Questa sentenza mette la parola fine alle sofferenze».
Mariolina Iossa


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