La strategia per non finire schiacciati a sinistra

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ROMA — «Populisti, massimalisti, conservatori ed élites desiderose di guidare il Paese non sono mai riuscite a convergere per governare insieme ma hanno sempre trovato un bersaglio comune nei riformisti»: è da tempo che Pier Luigi Bersani la pensa così. E ora questa sua convinzione sembra aver trovato un’ulteriore conferma.
Il segretario del Pd si sente sicuro di vincere la disfida di Palazzo Madama: «Quale pareggio? — ama ripetere ai collaboratori — noi giochiamo per la vittoria, che è possibile anche al Senato». Però, poiché in politica è bene valutare sempre tutte le variabili immaginabili, Bersani e i suoi, osservando l’avvio della campagna elettorale, si sono resi conto che sia Monti sia Berlusconi, seppure in modi diversi e per diversi intenti, stanno tentando di «appiattire il Pd a sinistra». Vengono interpretate con questa chiave di lettura le ripetute uscite del premier contro i Democrat. Quasi tutte hanno l’aria di essere state studiate a tavolino per una precisa strategia. «Ma noi non dobbiamo reagire alle provocazioni», è la parola d’ordine del segretario.
A Monti è bene rispondere, certo, ma con il fioretto. E soprattutto è bene che sia Bersani a usare quest’arma, lasciando magari la scimitarra ad altri. Già , perché il leader del Pd non può consentirsi il lusso di buttare all’aria tutto il gran lavoro fatto in questi anni per agganciare l’elettorato moderato. Monti, sostengono a Largo del Nazareno, vuole spaventarlo quell’elettorato, mostrando un Pd spostato tutto a sinistra, polemico e movimentista. È l’arma a disposizione del premier per sperare di togliere i voti dei moderati al Pd. Secondo i sondaggi a disposizione di Bersani e dei suoi, le percentuali attribuite alle liste centriste vanno dall’otto al quindici per cento. C’è una bella differenza tra queste due cifre. E l’unica strada che ha di fronte Monti per non far precipitare la sua coalizione sulla percentuale più bassa è proprio quella di personalizzare molto la campagna elettorale e di contrapporre la società  civile rappresentata da lui ai partiti, e, in particolare, al Pd, che in questo quadro verrà  raffigurato come una forza politica conservatrice e molto di sinistra.
Secondo i vertici del Partito democratico si spiegano in questo modo anche gli «acquisti» fatti dal premier tra l’area più liberal del Pd. Personalità  di spicco, almeno in alcuni casi, ma con scarso seguito elettorale. Perché allora inserirli nelle liste? Proprio per dimostrare che i Democrats più moderati non si trovano più a loro agio in un partito alleato con Sel e tutto spostato a sinistra. Perché, per dirla con il liberal Enrico Morando, il movimento di Vendola «rischia di indebolire la proposta di governo del Pd». Bersani, perciò, prepara le sue contromosse, anche perché si aspetta altre uscite polemiche da parte del premier che, dicono a Largo del Nazareno, «ha perso stile e senso della misura».
C’è poi il capitolo Berlusconi. Fino a qualche giorno fa era inchiodato al 19,2 per cento. Con la «performance» da Santoro ha guadagnato un paio di punti. Ancora pochi. Ma è meglio non sottovalutare il Cavaliere, ragiona Bersani. Per ora il centrodestra è sotto in tutte le regioni, però mancano ancora parecchi giorni alla chiusura della campagna elettorale. Che Berlusconi intende condurre giocandosi tutte le carte. Per questo motivo ha voluto stringere alleanze molteplici e poco omogenee: «Tanto poi, come sempre, sarò io che rappresenterò la sintesi».
L’ex presidente del Consiglio ritiene che «Bersani e Monti peschino nello stesso elettorato» e «schiacciando entrambi a sinistra», sostiene, di fronte al centrodestra si apre una prateria di voti.
Dunque, non sono pochi gli elementi che Bersani deve valutare. E ce n’è anche un altro. Con tanto di nome e cognome: Antonio Ingroia. «Vuole far vincere il centrodestra al Senato», ironizza con i suoi il segretario. Ma effettivamente il magistrato potrebbe mettere a rischio Lombardia, Sicilia e Campania. In questo senso al Pd hanno gradito non poco l’attacco di Roberto Saviano al sindaco di Napoli de Magistris, grande sponsor di Ingroia.
Maria Teresa Meli


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