La Corte suprema: «Il presidente può giurare un altro giorno»

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Martedì, durante un’infuocata seduta parlamentare, i deputati hanno approvato un documento di appoggio alla richiesta, inviata dal vicepresidente Nicolas Maduro, nella quale si chiedeva all’Assemblea di posticipare la data ufficiale (il 10) per un’altra da destinarsi: il tempo necessario perché il presidente – rieletto il 7 ottobre – possa ristabilirsi, per poi giurare davanti al Tsj.
«Il comandante Presidente mi ha chiesto di informarvi che, d’accordo con le raccomandazioni dell’equipe medica che veglia al ristabilimento della sua salute, il percorso di recupero postchirurgico deve estendersi oltre il 10 gennaio dell’anno in corso», diceva la lettera di Maduro. Chavez, 58 anni, è affetto da un tumore dal giugno 2011, a seguito del quale ha richiesto varie volte al Parlamento di recarsi a Cuba per operarsi o per eseguire cicli di chemioterapia. A fine novembre, per via di un improvviso aggravamento delle sue condizioni, era ripartito per l’Avana: per tornare improvvisamente in Venezuela l’8 dicembre, nelle fasi conclusive della campagna elettorale per le regionali, in cui il fronte chavista ha conquistato 20 sui 23 stati in cui si è votato (su complessivi 24).
Interrompendo le dirette per il derby di baseball aveva fornito ai cittadini notizie allarmanti sul suo stato di salute: l’insorgere di metastasi e l’esigenza di una nuova, urgente, operazione, che ha avuto luogo tre giorni dopo. In quella stessa occasione, il presidente – anche nel suo ruolo di leader del Partito socialista unito del Venezuela (Psuv) – aveva indicato il candidato per lui più adatto in caso di sua impossibilità  permanente a governare, e di nuove elezioni: Nicolas Maduro, ex sindacalista ed ex conduttore di autobus, ex ministro degli Esteri e attuale vicepresidente.
Nella missiva di martedì, quest’ultimo ha richiamato l’articolo 231 della Costituzione secondo il quale, «se il presidente non può assumere l’incarico davanti all’Assemblea nazionale, lo farà  di fronte alla Corte suprema di giustizia». Un’assenza temporanea, quindi, e non un’inabilità  definitiva. Secondo gli ultimi bollettini medici, resi noti dal governo per bocca del suo ministro della comunicazione Ernesto Villegas, Chavez sarebbe infatti in via di lento recupero e il suo stato di salute «stazionario», dopo l’insorgere di un’infezione polmonare che aveva destato allarme.
L’opposizione, invece, rifiuta questa tesi e parla di un «vuoto di potere». Martedì in aula ha contestato la legittimità  del posticipo oltre il 10, e per questo si è rivolta sia alla Corte suprema che all’Organizzazione degli stati americani (Osa), sostenendo la necessità  di indire nuove elezioni entro 30 giorni. Il questo caso, il timone passerebbe nelle mani del presidente del Parlamento, Diosdado Cabello fino al momento di nuove consultazioni. «Non solo approveremo questo accordo – ha affermato Cabello leggendo la lettera in Parlamento – ma esprimiamo tutta la nostra solidarietà  al comandante Chà¡vez, alla sua famiglia, perché guarisca rapidamente e torni in Venezuela». Gli ha fatto eco la seconda vicepresidente dell’Assemblea, Blanca Eekhout, affermando che i deputati bolivariani non avrebbero permesso «ai golpisti di tradire la volontà  di 8 milioni e mezzo di cittadini che hanno rieletto il presidente con 12 punti di vantaggio, il 7 ottobre».
I leader dell’opposizione hanno reagito con diversi accenti, chi chiedendo subito una perizia medica sulla salute del presidente, chi gridando alla manipolazione istituzionale. E mentre il Tsj rigettava tutte le richieste (compresa quella di una perizia medica) e stabiliva la legittimità  del funzionamento governativo in assenza del presidente, dal Messico, il presidente del Gruppo ecologista dei Cento, lo scrittore Homero Aridjis chiedeva a sua volta «una commissione medica neutrale» da inviare all’Avana.
La malattia del presidente continua a essere materia di scontro politico, dentro e fuori il paese. I diversi accenti e prese di posizione all’interno dello schieramento della Mesa de la unidad democratica (Mud) ne evidenziano anche gli scontri interni e le diverse mire nei futuri scenari politici venezuelani. Nel corso degli anni, la Mud ha messo insieme grossi tronconi di partiti storici come Accion democratica (centrosinistra) e Copei (centrodestra): i partiti che hanno governato in Venezuela dopo la caduta del dittatore Perez Jimenez (nel ’58), in base a un sistema di alternanza seguito al Patto di Punto Fijo (l’accordo fra centrodestra e centrosinistra per escludere dal potere i comunisti). Un’alleanza che ha raggiunto gli interessi di altre formazioni di destra, più nuove e aggressive, capitanate dal partito Primero Justicia di Henrique Capriles Radonski. Quest’ultimo ha perso le elezioni presidenziali contro Chà¡vez, ma si è riconfermato governatore dell’importante stato Miranda alle ultime regionali e, pur contestato al suo interno, ha ancora molto tempo davanti a sé e per questo non intende bruciarsi. Il suo partito è stato il più votato nella Mud: appetibile sia ai ceti abbienti che agli strati marginali dell’ultraperiferia, insensibili alle campagne socio-educative del «socialismo bolivariano».
Sono state proprio le zone più povere di Miranda – il Petare – quelle che hanno più beneficiato delle misure sociali (non ultima la funivia che cambia notevolmente la qualità  di vita della popolazione) a disertare le urne il 16 o a votare per Capriles. E a esporre sui balconi delle case popolari appena ricevute, qualche striscione di Primero justicia. Una leadership mal digerita da alcune aree della coalizione, per esempio di marca Copei: più concilianti verso il governo per questo e anche per l’accoglienza di quella che chiamano «proposta di amnistia» che potrebbe far uscire dal carcere un certo numero di accusati per vari reati. Il resto della coalizione, confida nel dividi et impera dello schieramento chavista e lavora per creare fossati, alimentando voci di conflitto tra Maduro e Cabello. Però non scalpita per accelerare i tempi di nuove elezioni. Capriles potrebbe essere di nuovo il candidato, ma intanto ha cominciato a farsi vedere con lui anche un altro possibile concorrente: Henri Falcon, potente governatore rieletto nello stato Lara dopo aver voltato le spalle al chavismo con cui aveva ottenuto una prima vittoria.
Il governo, intanto, torna in piazza oggi con una grande manifestazione popolare in sostegno al presidente, a cui sono attesi diversi capi di stato e ministri di altri paesi.


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