Dagli industriali alla Cgil: le (tante) ricette economiche

Loading

ROMA — Il 12 ottobre 2007 il governo Prodi fece il patto sul welfare dove, peraltro, venne affossato lo scalone Maroni sulle pensioni. Ma per Rifondazione non fu sufficiente e il suoi rappresentanti a Palazzo Chigi scesero in piazza contro l’esecutivo. «Ecco quel film noi non dobbiamo più vederlo». Giorgio Santini, vicesegretario della Cisl di Raffaele Bonanni e neocandidato Pd, con questa metafora sintetizza tutte le difficoltà  di far vivere dentro il partito democratico le sue varie anime messe insieme da Bersani. Che, in breve, potrebbero essere riassunte in due agende su lavoro e pensioni apparentemente inconciliabili: quella più riformista e filo industriale che fa capo a Carlo Dell’Aringa, Giampaolo Galli e Luigi Taranto, quella più radicale guidata da Stefano Fassina, Cesare Damiano e Guglielmo Epifani. In mezzo personaggi come Santini e Pierpaolo Baretta (anche lui ex Cisl) grandi mediatori di trattative impossibili. A parlare con loro, nell’entusiasmo di presentarsi come unica squadra, sembra non esistano problemi. Il più convinto è Fassina, il responsabile economico del Pd, secondo il quale l’obiettivo primario è quello di «creare una alleanza tra produttori» in grado di rimettere al centro del dibattito le tesi dell’impresa e del lavoro. Una riedizione di Industria 2015, estratta dal cilindro dell’allora ministro dell’Industria Pierluigi Bersani (2006), per elaborare una politica per la crescita. E su pensioni e lavoro Fassina tenta di smorzare i toni da guerra nucleare lanciati dai vendoliani contro Fornero: «Nessuno vuol sfasciare gli interventi fatti, ma tutti vogliono modificare — migliorandoli — alcuni capitoli che non funzionano come il precariato e gli esodati». Insomma grande pragmatismo perché «questa diversità  di opinioni è la nostra forza». Anche Galli, ex Bankitalia ed ex direttore generale di Confindustria protagonista di forti critiche alle riforme Fornero, riconosce la diversità  come valore. E ricorda a mo’ di esempio, la figura dell’ex ministro tedesco dell’economia Oskar Lafontaine che si dimise non condividendo il riformismo spinto del cancelliere Gerhard Schrà¶der. Un contrasto che non impedì alla Germania in crisi per la costosa riunificazione di varare riforme alla base del suo successo attuale.
Carlo Dell’Aringa, il professore che la Cgil non ha voluto ministro del Lavoro salvo poi cadere dalla padella nella brace con l’arrivo di Fornero, è sicuro che dentro il Pd prevarrà  la linea dello sviluppo. «A parte alcuni miglioramenti tecnici sempre possibili — spiega — alle novità  introdotte da Monti, ormai è chiaro a tutti che l’occupazione non si crea per legge ma aumentando la domanda interna, gli investimenti, la crescita». E prende il caso Fiat: «Ha ottenuto la massima flessibilità  possibile ma le macchine non le vende». Dell’Aringa è stato voluto personalmente da Bersani che punta su di lui come un protagonista forte dell’asse con Enrico Letta e la frequentazione con l’andreattiana Arel. Tutte queste anime, non secondaria quella di Luigi Taranto direttore generale di Confcommercio, dovrebbero essere garantite dalle nuove regole interne dell’alleanza tra Pd e Sel che prevedono decisioni a maggioranza. Con un po’ di ottimismo, secondo loro, quel film del 12 ottobre di sei anni fa non dovrebbe più essere in circolazione.
Roberto Bagnoli


Related Articles

Il paradosso di Pontida

Loading

A Pontida è andato in scena uno straordinario paradosso. La Lega si presentava al livello massimo di potere politico finora raggiunto, non solo per le posizioni di governo e di sottogoverno ormai acquisite a livello nazionale e locale, ma per il ruolo centrale che ha assunto sui possibili sviluppi della politica italiana. Però il clima che ha caratterizzato la vasta adunata dei militanti e simpatizzanti era segnato più da inquietudini e insoddisfazioni che dalla volontà  di celebrare con orgoglio gli indubbi risultati conseguiti dal Caroccio in più di venti anni.

Ma compaiono i simboli di «Italia per Monti»

Loading

Resta l’incertezza sul coinvolgimento del Professore alle Politiche. Ma Riccardi ha avviato i contatti per costruire una lista. E non si esclude nemmeno l’ipotesi di una candidatura diretta

La odiano tutti, infatti non si tocca

Loading

ROMA – La Corte boccia entrambi i quesiti per il ritorno al Mattarellum, il referendario Arturo Parisi (con il suo tesoretto di oltre un milione di firme) giura che la lotta continua «dentro e fuori il parlamento».

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment