Nel Lazio la rivoluzione civile la vogliono fare i partiti da soli
A poco sarebbe valso, almeno finora, il clima cordiale degli incontri fra Zingaretti, De Magistris e Di Pietro. A una posizione di gregari del centrosinistra, una parte degli arancioni laziale preferisce la presentazione autonoma, scommettendo sul traino ‘nazionale’ della «rivoluzione civile» di Ingroia.
La decisione dovrebbe essere presa oggi pomeriggio. In pratica gli arancioni laziali presenterebbero lo stesso simbolo nazionale, ma per la Pisana le liste potrebbero essere tre: Federazione della sinistra, riunita per l’occasione dopo l’ultimo divorzio, verdi e Idv. I tempi sono stretti e non ci sarebbero le condizioni per presentare almeno una lista civica che giustifichi un po’ del millantato arancione.
Ma le perplessità non mancano, soprattutto da parte Idv, che potrebbe candidare Carmine Fotia, ex manifesto, direttore del quotidiano Il Romanista e attivista di Cambiare si può. Per la lista unica anche De Magistris e Orlando. E Giulia Rodano, uscente Idv: «Anche nel Lazio dobbiamo combattere la battaglia per l’alternativa al montismo e contro lo scivolamento centrista del Pd. Quindi sì a un riconoscibile riferimento a Ingroia. E molto meglio, come per le politiche, una lista unica». Ingroia oggi riunirà la «cabina di regia» della sua lista nazionale, e viene dato come parecchio perplesso a concedere il marchio di una lista tutta partiti e niente società civile. E con un politico come candidato presidente. Da più parti viene indicato come papabile Angelo Bonelli, che però al momento è impegnato sul fronte arancione nazionale. Bonelli giura di non saperne niente: «Nessuno me l’ha chiesto, dovrei parlarne con Ingroia, ovvio che sul piano nazionale e regionale faremo scelte coerenti. Poi se c’è da lottare, non mi sono mai tirato indietro». Bonelli è consigliere uscente. La corsa da presidente del Lazio non è incompatibile con quella da deputato.
Secondo i quartopolisti il Pd è disponibile ad accogliere un simbolo arancione in coalizione: ma non con il nome di Ingroia, concorrente alle politiche. Ma a sua volta se la corsa fosse dei soli partiti, non piacerebbe affatto ad un altro arancione, Sandro Medici, candidato sindaco di Roma: «Sarebbe un passo indietro rispetto al percorso unitario nazionale». Più possibilista Fabio Nobile, del Pdci ma da sempre scettico sull’alleanza con il Pd: «Stiamo ragionando su una coalizione. È auspicabile una forte presenza civica. Ma c’è? I tempi sono stretti».
Sul fronte di Zingaretti la questione e viene data ancora per ‘aperta’. Come aperta resta quella di una presenza radicale nella coalizione. Gli incontri sono stati fin qui «molto positivi»: Zingaretti ha ripreso parti del programma di Emma Bonino (sconfitta nelle regionali del 2010); fra l’altro i due consiglieri radicali sarebbero gli unici uscenti ricandidabili – per riconosciuti meriti sulla battaglia per la trasparenza contro la giunta Polverini – con l’ok di Zingaretti, che invece dei suoi ha fatto tabula rasa. E però, spiega Rocco Berardo, uno dei due, «la questione che poniamo a Zingaretti è il rientro dell’Italia nelle condizioni minime di democrazia e stato di diritto. Le competenze regionali non riguardano l’amnistia, ma l’amnistia deve essere riconosciuta come obiettivo politico rilevante da una qualsiasi carica istituzionale che voglia il nostro sostegno». A questo giro le loro liste si richiamerebbero ai valori «amnistia, giustizia e libertà ». Bersani ha dato carta bianca a Zingaretti. Ma certo, l’appello di Marco Pannella a Monti, degli ultimi giorni, non aiuta.
Related Articles
Ministri e manager di Stato così il grande lobbista inquinava le istituzioni
I pm: illeciti con telefoni intestati a terzi. Il sottosegretario Letta indicato come “riferimento” di Bisignani. Ma lui: amici, non complici. La moglie del deputato: “Alfonso sta male, anche Berlusconi ci ha offerto aiuto”
Il Cavaliere e Giulio, la (fredda) coabitazione fra caratteri opposti
L’ultima sfida è sul rapporto con l’opposizione
“Tengo il porco per le orecchie” così i manager e il questore truccavano gli appalti di polizia