Monti lancia il suo simbolo Ma alla Camera la corsa è a tre

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Sentimenti Il premier: questa è stata una scelta totalmente al di fuori della mia natura. Tutta la mia famiglia era contraria ROMA — Dietro un drappo rosso, mentre i fotografi e i cameramen litigano sulle inquadrature, mentre Monti si fa attendere per quasi un’ora, in una sala dell’hotel Plaza, in via del Corso, si nasconde il simbolo che tutti vogliono vedere e che ha generato curiosità , incomprensioni e discusse interpretazioni di legge.
Monti arriva a piedi, poco prima delle sette di sera. Lo attendono in strada duecento persone. Nella sala dell’albergo storico, i cui saloni sono vincolati dalla Soprintendenza, scatta un applauso. Il Professore fa pochi passi verso il drappo, si ferma un attimo mentre la confusione sulle inquadrature si impone all’attenzione generale, quindi decide di procedere nonostante gli inconvenienti organizzativi. Un movimento di mano e il simbolo della sua lista alla Camera è svelato.
Sfondo bianco, un accenno tricolore, scritte blu, il nome del premier a caratteri grandi, la dizione «Scelta civica» come accompagnamento al messaggio principale: «Con Monti per l’Italia». «Sono in grado di comunicare…», è il primo accenno del protagonista dell’evento, ma c’è ancora battaglia fra fotografi e operatori tv, dura qualche minuto e i tempi si dilatano.
Forse anche perché deve andare negli studi de La7, subito dopo la mostra del simbolo, fa poche dichiarazioni: il simbolo del Senato sarà  identico, ma senza la scritta «scelta civica»; ci saranno «criteri più esigenti» della normativa per le candidature, con l’esclusione di chi ha condanne ma anche processi penali in corso; rimarca «l’entusiastico apporto» e dei partiti che lo sostengono e delle tante associazioni civiche; sottolinea che «molti parlamentari sia del Pdl che del Pd» andranno con il suo movimento. Che però, ripete per ben tre volte, almeno alla Camera «non conterrà  in lista parlamentari, ma solo esponenti della società  civile».
A «Otto e Mezzo» aggiunge: «Non è nato un partito, ma un tentativo di mettere in moto una politica più capace di risolvere i problemi dei cittadini». È stata una scelta «totalmente al di fuori della mia natura, ho pensato che avrei sempre escluso di candidarmi a qualcosa». Ma ho visto «uno scollamento fra cittadini e politica che mi preoccupa moltissimo: la politica ha sviluppato una serie di lacune e i cittadini si sono cullati nell’illusione che tutto è male nella politica e che il bene sia nella società  civile». In sintesi: «Mi si è posta una scelta morale, al posto di una dorata nicchia al Senato, dal quale non prendo in considerazione di dimettermi».
I difetti dei partiti tradizionali: «Populismo, orizzonti di breve periodo, interessi immediati e protezione di categorie, poco interesse per il domani e per i giovani». A differenza di Berlusconi «non ho mai promesso soluzioni facili, ma non voglio paragonarmi con nessuno, voglio solo misurarmi con gli italiani, non con Pd o Pdl». Obiettivo sono politiche di «radicale cambiamento, non moderate: abbiamo iniziato riforme radicali che vanno proseguite».
Ma lei ha la passione per la politica? «Decisamente no, tutta la mia famiglia era contraria, ma me lo impone la coscienza». Basterà ? «Forse sorrido poco, ma altri hanno sorriso tanto e contribuito al male del Paese. Siamo un grande Paese, non vogliamo più essere derisi». I sondaggi lo danno fra il 16% e il 25%: lui si vede «anche oltre il limite massimo». E sul dopo voto spiega che non farebbe il ministro dell’Economia in un altro esecutivo: «Non mi vedo in un governo di cui non condividessi il 98% del programma». Infine sulle tasse: «Certamente la pressione fiscale dovrà  scendere nei prossimi cinque anni, soprattutto per le famiglie, e l’Imu va ristrutturata».


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