Il rebus del simbolo E i centristi lavorano a un compromesso
ROMA — Per tentare di risolvere il pasticcio dei simboli Mario Monti si è dovuto infilare in un vertice in notturna con Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini e alla fine, dopo lunga e tormentata discussione, i dubbi e le ansie dei centristi erano ancora tanti. Correre alla Camera con un listone unico, come al Senato, o schierare più liste, differenziando i simboli?
Il problema della «confondibilità » delle insegne elettorali, sollevato dal Pdl, ha costretto il Professore a rivedere la strategia, in una affannosa corsa contro il tempo e in un clima niente affatto disteso. I leader di Udc e Fli sono arrivati all’incontro di Montecitorio con il sospetto che il premier in carica stia favorendo vistosamente la formazione civica di Montezemolo e Riccardi. E con il timore di restare schiacciati nelle urne dal peso dell’unica lista che potrà richiamarsi al nome di Monti: quella di Verso la Terza Repubblica, appunto. La legge vieta infatti alla coalizione di schierare più simboli che contengano il nome del leader. E così, con il Pdl che minaccia le ricorsi e carte bollate, per tutto il giorno si è ragionato di un ritorno alla lista unica. Ma il tempo stringe, i veti sui nomi di alcuni politici hanno fatto impennare la tensione e nell’Udc ci sono forti resistenze sulla prospettiva di «chiudere bottega». Fosse per Monti, Riccardi e Montezemolo, sarebbe ben comodo schierare il simbolo e il nome del leader solo nella lista della società civile, per distinguersi dai politici di professione e fare il pieno di voti. Ma Casini e Fini hanno ben chiaro che senza il «marchio» Monti il loro consenso rischia di ridursi assai… Da qui il braccio di ferro culminato in notturna, con Casini per nulla disposto a farsi triturare: «Certo non andremo in campagna elettorale alleati di una lista che, alla Camera, è nostra concorrente». Trattativa dura, finché un possibile compromesso è saltato fuori: presentarsi con liste separate — società civile, Udc, Fli e forse «ribelli» del Pdl — che richiamino la leadership di Monti grazie a segni grafici diversi.
«Presentare il nostro simbolo senza il nome del premier è pericoloso, rischiamo di finire svuotati», aveva confidato ai suoi Casini. Ma Benedetto Della Vedova, uno dei dirigenti finiani più graditi al Professore, spera ancora che il dilemma dei simboli costringa gli alleati a unirsi nella squadra più larga: «Ho sempre pensato che la lista unitaria “Con Monti per l’Italia” può dare forza all’intero progetto».
Se Udc e Fli sono in allarme, è anche perché Monti sta privilegiando l’anima civica dello schieramento. Prova ne sia il vertice «segreto» che si è tenuto alla Camilluccia, dove i politici (tranne qualche transfugo di Pd e Pdl) sono rimasti fuori dalla porta. Per oltre quattro ore, nel chiuso dell’hotel Villa Maria Regina, il premier ha preso appunti e registrato i suggerimenti programmatici di un centinaio tra professori, responsabili tematici di Italia Futura, esponenti delle Acli e di Sant’Egidio. Freschi di passaggio sotto l’ala di Monti c’erano anche gli ex pd Pietro Ichino e Maria Paola Merloni, nonché l’ex pdl Mario Mauro. Il seminario sull’Agenda, che Monti voleva tenere riservato, è stato introdotto da Andrea Riccardi. Poi il premier ha ribadito di voler «smontare il bipolarismo» e che la sua formazione è tutt’altro che moderata: «Faremo riforme molto incisive e radicali».
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