La presa di distanza di Cl: nessuna identità con i partiti
MILANO — Nessuno issi la bandiera di Comunione e liberazione in vista delle prossime elezioni. Chi lo fa, lo fa a titolo di responsabilità personale e non a nome del movimento. E soprattutto nessuno si aspetti endorsement. Cl affida a un lungo e articolato documento la sua presa di distanza dagli schieramenti politici che mai come in questa occasione vedono rappresentanti provenienti dal movimento ecclesiale sparsi in gran parte dell’arco costituzionale. Mario Mauro schierato con Mario Monti. Maurizio Lupi che rimane dentro il Pdl accanto a Silvio Berlusconi. Roberto Formigoni vicino a Gabriele Albertini e quindi allo stesso Monti, ma che continua a lavorare al fianco del Cavaliere.
Cl si sente tirata per la giacca. «I mezzi di informazione continuano a chiamare in causa il nome di Cl a proposito di vicende politiche, paventando divisioni e contrasti all’interno del movimento sulle scelte elettorali dei prossimi mesi». E non ci sta. Perché la confusione rischia di mettere in secondo piano l’unità di fede del movimento «che non è un’omologazione politica, tanto meno si identifica con uno schieramento partitico, ma è legata all’esperienza originale di Cl». E così si affida alle parole del suo fondatore, don Luigi Giussani, pronunciate quasi 40 anni fa in un momento molto difficile per la Democrazia cristiana: «C’è fra noi tutti in quanto Cl, ed i nostri amici impegnati nel Movimento popolare e nella Dc, un’irrevocabile distanza critica. Se non fosse così, se cioè qualsiasi realizzazione per il solo fatto di essere stata promossa da persone di Cl diventasse “meccanicamente” del movimento, l’esperienza ecclesiale finirebbe per essere strumentalizzata e le comunità si trasformerebbero in piedistalli e in coperture di decisioni e di rischi che invece non possono che essere personali». «Distanza critica» e «responsabilità personale». Lo stesso concetto usato un anno fa dal successore di don Giussani, Julià¡n Carrà³n: «La responsabilità è affidata esclusivamente all’adulto e il movimento non entra nella gestione dell’opera». In quell’occasione le parole di don Carrà³n vennero lette come una presa di distanza dal governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, e dai primi scandali che hanno coinvolto il Pirellone.
Adesso, alla vigilia di un passaggio politico delicatissimo e molto fluido, Cl mette i puntini sulle i. Non abiura alla dimensione politica e civile della vita, che è uno dei tratti fondamentali della comunità fondata da don Giussani: «L’impegno politico in senso stretto riguarda la persona e non Cl in quanto tale. Per parte sua, il movimento guarda con simpatia, chi tra i suoi aderenti, decide di assumersi il rischio di un tentativo politico». Ma detta i criteri «ideali» della «buona politica»: l’impegno per il bene comune, per la libertà della Chiesa, per una reale democrazia che è fatta di «libertà espressiva e associativa delle persone e delle formazioni sociali».
Infine una preghiera ai media. Anche questa volta risuonano le parole di don Giussani: «Non è corretto né leale che i giornali definiscano candidati di Cl quei militanti del nostro movimento che si sono impegnati nelle campagne elettorali… Come non è corretto definire leader di Cl i dirigenti dei gruppi da essi costituiti».
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