E Bersani «chiama» l’economista che non piace alla Cgil
ROMA — L’economista e grande esperto di lavoro Carlo Dell’Aringa si candiderà con il Pd. La notizia non è da poco nei giorni in cui si apprende che il giuslavorista ex Cgil e senatore pd Pietro Ichino passa armi e bagagli nelle truppe montiane, usando il veicolo Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo. Dell’Aringa, 73 anni e docente di Economia politica alla Cattolica di Milano, è stato a un passo l’anno scorso da diventare ministro del Welfare del governo di Mario Monti. La vulgata narra che la candidatura cadde per un veto del segretario della Cgil Susanna Camusso. Troppo vicino alla Cisl e uno dei protagonisti del Libro bianco di Marco Biagi. Così arrivò Elsa Fornero.
E ora la sua «salita» nel campo della politica può far immaginare per il professore gradito agli imprenditori il ruolo di ministro del Lavoro nel caso il Pd vada al governo. Una scelta strategica per il Partito democratico accusato di muoversi troppo a trazione vendoliana e sotto le pressioni del sindacato, come dimostra la candidatura dell’ex segretario Cgil Guglielmo Epifani e lo spazio sempre maggiore dato all’ex ministro ed ex Cgil Cesare Damiano.
«La presenza del professor Dell’Aringa renderà più forte il nostro impegno sui grandi temi sociali e del lavoro, voglio ringraziarlo davvero per la sua disponibilità ». Queste le parole spese ieri dal segretario pd, Pier Luigi Bersani, alle quali si aggiungono quelle del vice Enrico Letta vero spin doctor della scelta di puntare su Dell’Aringa. «Lo schema politico è chiaro: l’avversario da battere è il populismo di Grillo e Berlusconi — ha commentato ieri Letta intervenendo a Rainews24 —. Con Monti sarà una competizione leale, il nostro obiettivo è creare lavoro e crescita, anche per questo abbiamo candidato il professor Carlo Dell’Aringa che sarà la nostra punta di diamante su questi temi».
Il professore della Cattolica non è infatti un giuslavorista ma un economista del lavoro, laureatosi a Largo Gemelli in Scienze Politiche nel 1962 e con un dottorato in Economia politica a Oxford. Grande amico e collega dell’ex ministro del Lavoro Tiziano Treu (al terzo mandato in Parlamento e quindi in uscita) col quale ha scritto diversi libri per il Mulino — l’ultimo nel 2012 «Giovani senza futuro?» — Dell’Aringa ha fama di riformista e innovatore. Ha sempre criticato gli atteggiamenti massimalisti della Fiom ma non ha esitato a schierarsi contro la Fiat nella sua decisione di uscire da Confindustria e nella vicenda dei 19 lavoratori espulsi da Pomigliano. Collaboratore da molti anni de Il Sole 24 Ore, Dell’Aringa ha fatto parte anche di numerosi comitati scientifici confindustriali. Conosce bene dunque la realtà delle imprese private e di quelle pubbliche essendo stato presidente dell’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza delle pubbliche amministrazioni. L’ex responsabile delle relazioni sindacali di Viale Astronomia Giorgio Usai spende per il professore parole nette: «Ha sempre avuto idee moderne, tra i primi a sostenere la contrattazione decentrata, competente e preparatissimo è sempre stato un punto di riferimento al di sopra delle parti».
Nel tribolato iter della riforma delle pensioni, del nuovo welfare e della revisione del mercato del lavoro voluti dalla Fornero, Dell’Aringa ha sempre indicato i difetti di ciò che veniva deciso, ma senza eccedere nei toni. Così come ha criticato la riforma della produttività imposta alle parti sociali dal governo Monti spiegando «che non basta la flessibilità degli orari per fare gli investimenti». Per lui occorre una «politica industriale che sappia aiutare le piccole imprese ad aggregarsi per affrontare le sfide dei mercati globalizzati». La stessa teoria della Camusso, di gran parte del Pd e anche della Confindustria di Giorgio Squinzi, che pure ha condiviso l’accordo sulla produttività . «Sono molto contento di accettare la candidatura del Pd — ha detto Dell’Aringa — condivido in tutto l’idea di Bersani di dialogare con le forze moderate di centro, necessaria per coniugare il rigore dei conti con le esigenze delle famiglie, del lavoro e delle imprese». Più difficile per lui, forse, sarà dialogare con Fassina e Vendola.
Roberto Bagnoli
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