L’offensiva del premier sui media Meno tasse e critiche a Bersani

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ROMA — Oggi inizierà  la giornata su RadioUno, in collegamento dagli studi milanesi. Nei prossimi giorni andrà  ad Unomattina, probabilmente anche al Tg1. L’agenda di una pianificazione mediatica è in corso di formazione. Se la corsa è per la guida del Paese e l’interessato dice di «puntare a vincere» le elezioni, nonostante le difficoltà  oggettive dell’obiettivo, allora è naturale che nello staff in queste ore vengano analizzate e programmate partecipazioni nei talk-show o nelle trasmissioni televisive e radiofoniche.
Il capo del governo non ha ancora sciolto tutte le riserve sulla formazione delle liste e la scelta del logo. Sta però gradualmente immergendosi nella campagna elettorale. Nel sito di Palazzo Chigi è stata pubblicata l’analisi di un anno di governo. Vi si legge fra le altre cose, a proposito di fisco, che per i prossimi anni «l’obiettivo è di ridurre di un punto e progressivamente la pressione fiscale, iniziando dalle aliquote più basse per dare respiro soprattutto alle fasce più deboli». Mentre nel quadro del proseguimento della lotta all’evasione «bisogna realizzare un nuovo patto tra Fisco e contribuenti, solo così l’evasione potrà  essere debellata».
Mario Monti ha trascorso ieri la giornata in famiglia. L’ultimo dell’anno, a sorpresa, ha preso parte alla messa in San Fedele celebrata dal cardinale Angelo Scola. Più o meno nelle stesse ore, sul sito che diffonde la sua Agenda programmatica, è stato pubblicato un documento che costituisce l’ossatura identitaria del progetto politico del Professore. Si risponde ad alcune domande e soprattutto alle critiche che due giorni fa erano arrivate da Pier Luigi Bersani.
Si comincia con il definire l’appuntamento delle Politiche come cruciale per il Paese. Scontato forse, ma non il giudizio sulle conseguenze di scelte sbagliate, che farebbero scivolare «il Paese verso uno scenario di marginalità  e isolamento sulla spinta dei populismi di destra e di sinistra».
Per evitare questo rischio Monti schiera «un movimento che nasce dall’unione tra l’associazionismo civico, che testimonia della vitalità  della società  civile» e del «contributo della politica più responsabile». Un movimento, «popolare e riformista», a caccia di cittadini che si ritengono oggi senza rappresentanza. In sintesi: «A quegli elettori che da tempo sono in cerca di una nuova offerta politica».
Si individuano almeno sette cifre del progetto. Fra queste la collocazione europeista e la volontà  di superare «i vecchi schemi della politica del Novecento». E a questo proposito arrivano i giudizi politici più interessanti, che si offrono anche come risposta, in alcuni casi molto dura, al Pd e alla richiesta di chiarezza di Bersani.
Si legge: «Il vecchio schema politico che contrappone una destra conservatrice o liberista, impegnata a perseguire l’efficienza economica, a una sinistra progressista o statalista, che si illude di conservare l’equità  rifiutando il merito e la mobilità  sociale, non corrisponde più a ciò che effettivamente accade nella politica italiana».
Non solo, la sinistra è bersaglio anche in un altro passaggio: «Lo statalismo alligna sia a destra che a sinistra, gli interessi corporativi e le posizioni di rendita cercano protezione tanto a destra quanto a sinistra». Mentre «il suddividersi delle forze politiche secondo il vecchio schema destra-sinistra genera disorientamento dell’opinione pubblica ed è una delle cause dell’inconcludenza che caratterizza gravemente la politica italiana».
Anche per questi motivi non interessa a Monti essere considerato di centro, o moderato, se non nei toni: «La nuova formazione politica alla quale stiamo dando vita, adottando l’Agenda Monti come ispirazione per un programma di governo, non intende collocarsi “al centro” tra una destra e una sinistra ormai superate, bensì costituirsi come elemento di spinta per la trasformazione dell’Italia».
Il carattere laico e pluralista della nuova formazione, prosegue ancora il premier dimissionario, si associa dunque alla piena apertura a coloro «che adottino una linea d’azione compatibile con la nostra strategia europea». Dunque nessuna preclusione al dialogo, ma la convinzione che Pd e Pdl non siano in grado di traghettare l’Italia verso una stagione di riforme indifferibili.


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