Maroni tiene ancora la porta aperta Nel mirino finiscono i «guastatori»

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Tutto il clamore mediatico, insomma, aveva infastidito il segretario della Lega Nord che ha già  convocato i suoi al 2 gennaio, per rifare il punto della situazione. L’analisi di Maroni, stando alle ricostruzioni di chi gli ha parlato, è lucida: «In via Rovani si sono visti alcuni guastatori all’opera, perché in questa vicenda ognuno sta giocando la sua partita». Il riferimento potrebbe essere anzitutto a Roberto Formigoni, che ha messo sul tavolo l’argomento che ha innervosito Berlusconi e Alfano: la questione programmatica e la richiesta del 75 per cento di tasse da lasciare al Nord. «Come può il Pdl sostenere questa tesi con i suoi elettori che non sono soltanto in Lombardia?», ha maliziosamente fatto notare Formigoni. «Un tema irrinunciabile per la Lega — ha ribadito Calderoli ancora ieri — sul quale però possiamo trovare una via d’uscita». Formigoni, che sta preparando alcuni dati su quanto non è riuscito a ottenere in tema di federalismo fiscale ai tempi in cui il ministero era guidato dallo stesso Calderoli, ha tutto l’interesse a far saltare l’asse Lega-Pdl che sta osteggiando fin dall’indomani delle dimissioni guidate della sua giunta: suo obiettivo sarebbe poi di riproporre, a quel punto, la candidatura di Gabriele Albertini, «l’unico nome che può unire il centrodestra e i moderati, battendo il centrosinistra», va ripetendo il governatore. Maroni, candidato contro Albertini, è forte di sondaggi che la raccontano diversamente e degli umori che respira girando ormai da settimane tutte le province lombarde: «Albertini non vincerà  mai e al massimo può creare problemi ad Ambrosoli (il candidato Governatore del Patto civico di centrosinistra, ndr) intercettando alcuni voti del mondo moderato» è invece la convinzione diffusa nei corridoi di via Bellerio. E a proposito del ritorno in campo dell’ex sindaco di Milano, va segnalato l’altolà  lanciato giusto ieri dal coordinatore lombardo del Pdl, senatore Mario Mantovani: «Se salterà  l’accordo con il Carroccio, proporremo un nostro candidato e il nome giusto potrebbe essere quello di Maria Stella Gelmini. Albertini non ha rispettato le norme del partito e si è chiamato fuori con i suoi atteggiamenti troppo perentori». Ma a dividere Lega e Pdl non è soltanto la questione del programma. Come noto, da giorni i più ascoltati colonnelli che affiancano Maroni e la base che interviene sui blog e alle trasmissioni di Radio Padania insistono sul fatto che «dobbiamo andare da soli». In particolare, poi, viene giudicato impossibile il sostegno ad una candidatura a premier di Silvio Berlusconi. Maroni lo sa bene e lo ha ripetuto ad alcuni dirigenti pidiellini: «I miei non vogliono che corriamo come alleati del Pdl, figuriamoci se accetterebbero di sostenere ancora il Cavaliere…». È su questo, dunque, che pare più difficile trovare un’intesa e anche durante il vertice di via Rovani si è armeggiata la penna per trovare altre formule su cui far convergere tutti, senza scontentare nessuno. Ma è un’impresa difficile, che si può affrontare forse soltanto tenendo presente che c’è un nemico comune: il centrosinistra che in questa sua fase «dilagante» potrebbe conquistare il Senato, la Lombardia e il Veneto. L’impresa è difficile e i tempi sono strettissimi: le elezioni sono alle porte così come incombe la data entro cui consegnare le liste, alle quali i leghisti stanno lavorando da giorni, e definire le intese. L’impresa è difficile e nel Pdl, da Formigoni in giù, si è rinsaldato il partito di chi è ormai convinto che la «rottura fra Pdl e Lega sia stata consumata e sia insanabile». Ma è solo una battuta d’arresto. Almeno per qualche ora, ancora.
Elisabetta Soglio


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