I centristi nel caos: e ora? Trattative sulla lista unica

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ROMA — «Se davvero, come alcuni dicono, Mario Monti non scendesse in campo e non facesse alcun endorsement, non avrebbe più senso nulla, neanche l’Agenda Monti». Le parole sconsolate di un deputato centrista la dicono lunga sullo stato d’animo di queste ore. Settimane di paziente cucitura e ricucitura di un tessuto comune, con lo scopo di poter apporre sul nascituro centro il prestigioso marchio Monti, rischiano di finire in fumo. Con un possibile pesante contraccolpo in sede di voti, e quindi di seggi. La frenata del premier, sperano i centristi, potrebbe essere solo strategica. Ma anche se fosse, c’è un altro spettro: la possibilità  che Monti non si esprima neanche domenica, rimandando la sua decisione. Scenario che preoccupa non poco, perché le elezioni incombono e non c’è alternativa ad andare avanti. Così si cominciano già  a scrivere i nomi sulle liste, senza ancora sapere neanche quante saranno.
Andrea Olivero, ex presidente delle Acli, spiega che «la candidatura diretta di Monti creerebbe qualche attrito con il Quirinale». Ma si dimostra ottimista: «Credo che il presidente sia intenzionato a proseguire nella strada dell’impegno». Se Monti sciogliesse la riserva in positivo, è probabile che chieda una lista unica sia alla Camera sia al Senato. Prospettiva vista con favore dall’Udc e da Fli, molto meno dalla società  civile riunita dentro «Verso la Terza Repubblica». A oggi, l’ipotesi più probabile resta quella di costituire un gruppo unico solo al Senato, per superare la soglia di sbarramento. Alla Camera, invece, liberi tutti: da una parte «Verso la Terza Repubblica» — che ieri ha ultimato gli ultimi dettagli di simbolo e nome — dall’altra una lista unica politica oppure liste separate, ovvero Udc e Fli.
Le manovre sui nomi sono già  cominciate, con il grave ostacolo dell’incertezza sulle prospettive. Il problema principale è rappresentato dalla lista unica, se ci sarà . Perché in quel caso occorrerà  bilanciare le forze. Pier Ferdinando Casini e i suoi hanno chiesto almeno il 50 per cento dei seggi e schiereranno una parte dei parlamentari attuali. Ma ci sarà  un rinnovamento anche nell’Udc e nomi nuovi arriveranno. I montezemoliani sembrano disposti ad accettare questo rapporto di forze. Sui nomi, invece, si dovrà  discutere. Perché l’obiettivo è di tenere fuori i parlamentari più compromessi e con un’immagine troppo “Prima Repubblica”. Tra i ministri c’è in prima linea Corrado Passera, ma sono pronti anche Piero Giarda, Renato Balduzzi e Anna Maria Cancellieri.
Se l’Udc avrà  il 50 per cento dei seggi al Senato, il restante sarà  spartito dalle numerose associazioni della società  civile. In questo caso ci potrebbe essere solo una quota fissa: il 50 per cento dei seggi restanti andrebbe a Italia Futura, che ha un’organizzazione territoriale già  estesa e ramificata, mentre il restante andrebbe divisa tra le diverse componenti cattoliche. La fondazione di Luca Cordero di Montezemolo metterà  in campo sicuramente i suoi nomi forti: Andrea Romano, Carlo Calenda e Simone Perillo. Ma pescherà  anche tra i responsabili tematici, da Stefania Giannini a Irene Tinagli (capolista in Lazio) e Federico Vecchione. Alcuni dei pezzi di grossi di Italia Futura esitano invece a scendere in campo, timorosi di veder scendere le loro entrate con il mandato parlamentare.
Più complicato definire le candidature per il mondo cattolico, che non ha un’organizzazione strutturata. Si pescherà  in tutte le aree, dalle Acli ai Focolarini, dalla Compagnia delle Opere agli Scout, dal Movimento cristiano lavoratori alla Comunità  di Sant’Egidio. Raffaele Bonanni, che non si candiderà , è rimasto un po’ defilato nelle trattative di questi giorni. Ma si dice che possa pescare qualche nome tra i focolarini, per esempio dalla ex parlamentare Lucia Fronza Crepaz. Lorenzo Dellai ha una forza vincolata territorialmente al Trentino Alto Adige. Se Riccardi ha deciso di non presentarsi, Olivero ci sarà . E nelle liste potrebbero esserci anche il suo braccio destro Vincenzo Menna e Mauro Magatti, docente di Sociologia alla Cattolica di Milano.
Quanto al Pdl, sembra sfumata l’ipotesi di una pattuglia consistente di fuoriusciti montiani. Potrebbero esserci — ma è da stabilire la loro collocazione — solo quelli che si sono esposti di più: tra loro, Mario Mauro, Beppe Pisanu e Franco Frattini.


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