Sete di candidati per l’amnistia

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Al settimo giorno di sciopero della fame e della sete, Marco Pannella, in 44 anni di iniziative non violente, non era mai arrivato. Un limite per chiunque, nell’umana sopportazione. Ma il vecchio leone radicale non si rassegna; più depriva il corpo più potenzia la volontà , e anche l’incoscienza. La sua è una manifestazione di forza, altro che vittimismo. Lo fa, ancora una volta, per catalizzare l’attenzione sulla «flagranza tecnicamente criminale in termini di diritto internazionale e Costituzionale» in cui versa lo Stato italiano mantenendo l’attuale condizione del sistema carcerario e giudiziario. Ma stavolta in gioco c’è anche l’accessibilità  alle prossime elezioni. Una questione di «democrazia e libertà » che si evidenzia nell’isolamento politico del partito ma anche e soprattutto nel muro mediatico eretto attorno alle lotte radicali. Per questo Pannella, sapendo di non avere altro modo di far arrivare il suo messaggio a un pubblico molto vasto, annuncia che riprenderà  a bere solo quando dalla società  civile arriveranno candidature autorevoli alla lista radicale «Rosa nel pugno – Amnistia, giustizia e libertà », presentata appena qualche giorno fa.
Ieri, alle 17, snobbando gli ordini dei medici, ha lasciato la clinica dove era ricoverato da sabato mattina. I sanitari lo hanno avvisato: a 82 anni compiuti a maggio e con i reni che iniziano a manifestare segni di sofferenza, «se non beve muore». Solo in serata, dopo una riunione con i suoi compagni, è rientrato in ospedale. Ma fino a ieri sera nessuno era riuscito a farlo desistere dallo sciopero della sete che mette in pericolo la sua vita: né le migliaia di persone che hanno twittato messaggi di condivisione all’hashtag #iostoconmarco (che in poche ore è entrato nei primi 10 argomenti di Twitter), né le decine di esponenti politici di ogni partito: da Bersani a Vendola, da Paolo Ferrero al governatore toscano Enrico Rossi, da Alemanno a Schifani, da Fini al capo del Dap Giovanni Tamburino, fino alla Guardasigilli Paola Severino che è andata a trovarlo ieri mattina in clinica ma non avendo potuto incontrarlo per ordine dei medici gli ha lasciato una lettera. Un appello è giunto perfino da un redivivo Vasco Rossi.
E tanto meno c’è riuscito il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel suo discorso augurale alle alte cariche dello Stato ha dedicato non più di venti secondi alla condizione di illegalità  in cui versa la giustizia italiana: ricordando che «ci si è trovati dinnanzi a opposizioni e ripensamenti tali da mettere in forse la legge già  approvata alla Camera per l’introduzione di pene alternative alla detenzione in carcere», e che «sta per scadere il tempo utile per approvarla al Senato», Napolitano ha chiesto: «Ma con quale senso di responsabilità , di umanità  e di civiltà  costituzionale ci si può sottrarre a un serio, minimo sforzo per alleggerire la vergognosa realtà  carceraria che marchia l’Italia?». E i compassati astanti gli hanno concesso un applauso, come unico segno di comprensione del problema che regala all’Italia la posizione di sorvegliato speciale d’Europa.
A Napolitano, con voce ravvivata da qualche caramella, Pannella ha replicato dai microfoni di Radio Radicale con piglio quanto mai agguerrito: «Caro Napolitano, io sto lottando anche per la tua salvezza, per la tua incapacità  di uscire fuori dalla storia criminale nella quale stai crocifiggendo l’Italia e non solo. Ritengo che comunque tu sarai processato per queste tue responsabilità  dalla giustizia, internazionale e nazionale». E a proposito del ddl sulle pene alternative, il leader radicale ricorda: «È documentato che avrebbe riguardato 254 detenuti, lo 0,3% di quelli esistenti». Inutile augurarsi, dunque, come fa Bersani, che venga approvato «prima delle elezioni». Per Pannella il segretario Pd è un «Ponzietto Pilato», quando promette che si impegnerà  per favorire «interventi strutturali» e «una massiccia azione di depenalizzazione per i reati minori».
Chiarisce Emma Bonino: «La questione oggi è capire se questi temi debbano far parte del dibattito politico e se debbano essere prioritari nel nuovo parlamento». Dunque l’appello è a «candidarsi nelle liste radicali della Rosa nel pugno e per questi temi», perché «questa battaglia di legalità  non venga delegata solo ai Radicali e in particolare allo sforzo di Marco». Da superare, c’è lo scoglio delle firme da raccogliere per la nuova lista e il problema dell’inaccessibilità  del servizio pubblico di informazione (ieri è partita la denuncia all’Agcom contro la Rai). Ma per i Radicali si potrebbe ripetere la vittoria del 1976, quando dopo un lungo sciopero della fame e della sete di Marco Pannella, e dopo un appello per la parità  di accesso alla propaganda radio-televisiva sottoscritto da numerose personalità  fra cui Saragat, Parri, Nenni, Moravia, Silone, riuscirono a rompere il muro del silenzio e ad entrare per la prima volta in parlamento. La speranza è che ci sia ancora qualche antifascista in giro.


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