Libia. Incriminato Jalil (ex Cnt)

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Il Tribunale militare libico: «abuso di potere» in relazione all’assassinio Mustafa Abdel Jalil, già  ministro della Giustizia nel passato regime di Gheddafi e poi, a partire da febbraio 2011, leader della rivolta e del Consiglio nazionale transitorio, è stato accusato ieri del Tribunale militare libico di «abuso di potere» in relazione all’uccisione del generale Abdel Fatah Yunes il cui corpo, con quello di altri due ufficiali, venne ritrovato crivellato di colpi e bruciato il 29 luglio 2011 nei sobborghi di Bengasi. «Jalil è stato liberato su cauzione» ha riferito all’Afp Majdi al-Baraasi, uno dei testimoni dell’interrogatorio. «Non potrà  lasciare il paese finché non apparirà  alla prossima udienza fissata il 20 febbraio 2013». È stato convocato per un interrogatorio anche l’ex primo ministro del Cnt, e attuale leader del Partito liberale, Mahmoud Jibril. Il capo di stato maggiore Abdul Fatah Younis fu uno dei membri della rivoluzione morbida che il 1Ëš settembre 1969 depose re Idris al Senussi, al potere in Libia dal 1952 per volere angloamericano, dando inizio al regime di Gheddafi. Nato a Jabal al Akhdar, nel distretto di Derna in Cirenaica, Younis era stato ministro della Pubblica sicurezza, Capo di Stato maggiore, ed infine ministro degli Interni nel passato regime. Il 22 febbraio 2011 abdicò passando con i ribelli. In un’intervista alla Bbc del 25 febbraio 2011, di Gheddafi ebbe a dire: «Combatterà  fino alla morte o si suiciderà ».
 A partire dall’aprile 2011 Younis è a capo del National liberation Army, con quartier generale a Bengasi. Suo vice Omar El-Hariri. Numero tre Khalifa Haftar, comandante di punta del regime, esiliato negli Stati uniti a seguito della sconfitta nella guerra in Ciad degli anni Ottanta, e ritenuto – v. «Manipulations africaines », ed Le Monde diplomatique – vicino alla Cia. Gheddafi non ebbe dubbi. Per lui ad uccidere Younis erano stati gruppi vicini ad al-Qaeda che sin da principio avrebbero infiltrato le fazioni ribelli. Jalil, allora presidente del Cnt, di contro diede la colpa ad «assalitori pro-Gheddafi», annunciando che il capo dei responsabili era stato catturato. I fatti Il 28 luglio 2011 Younis fu arrestato da alcuni ribelli del fronte di Brega con la scusa di doverlo condurre dinanzi a quattro giudici (tra cui Jumaa al-Jazwi che firmò l’ordine di cattura ed è stato poi assassinato nel giugno 2012 per rispondere a delle domande su presunti contatti tra i suoi familiari ed alcuni maggiorenti del regime. Il Cnt sarebbe stato al corrente della convocazione anche se non tutti i membri la ritennero «legittima», tanto che il ministro della Difesa del Cnt, Jalal al-Digheily, avrebbe scritto una lettera con ordine immediato di «ritirare l’arresto». Ma l’interrogatorio, di fatto, non ebbe mai luogo.
Il giorno dopo Younis fu assassinato in circostanze ancora misteriose. Secondo la ricostruzione di un ufficiale rimasto anonimo, rilasciata all’Afp come «testimone dell’accadimento», due miliziani semplici, appartenenti alla Brigata dei Martiri ’17 febbraio’, che avevano il compito di trasportare il generale dal compound dove era detenuto al luogo del processo, avrebbero aperto il fuoco uccidendolo all’istante con gli altri due militari, e gridando alla vendetta per l’uccisione del padremolti anni prima a Derna, quando Younis era un ministro di Gheddafi. Per l’allora ministro del petrolio Ali Tarhouni invece, la responsabilità  è dei miliziani della brigata Obaida Ibn Jarrah, i cui membri dell’Islam radicale sarebbero in gran parte ex detenuti del famigerato carcere per prigionieri politici di Abu Salim. Il 28 novembre 2011 il Cnt indicò nella persona dell’ex primo ministro del Cnt Ali Abd-al-Aziz alIsawi, il principale responsabile dell’assassinio. Questi sostenne di «non aver mai preso alcuna decisione relativa alle sorti del generale». Secondo una ricostruzione del sito inglese wikipedia, durante i funerali Younis fu acclamato come un «eroe della rivoluzione». Non appena fu seppellito però, saltò fuori il figlio gridando: «Viva Gheddafi! Ridateci la bandiera verde della Jamahiriya!». Va detto che la famiglia di Younis, nella Bengasi della Cirenaica in cerca di secessione e dei gruppi islamisti responsabili dell’uccisione dell’ambasciatore Usa Chris Stevens, non ha mai smesso di manifestare con centinaia di sostenitori e a rischio della incolumità  fisica, per la verità  e perché venisse fatta giustizia.


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