I poveri si moltiplicano
ROMA. I portafogli degli italiani sono sempre più vuoti, i debiti e la perdita del potere d’acquisto, il precariato e la disoccupazione buttano giù le famiglie: secondo l’Istat nel 2011 è aumentato il numero delle persone a rischio povertà ed esclusione sociale. Sono ormai il 28,4%, cresciute di ben il 3,8% rispetto al 2010 (allora il dato era al 24,6%). E se la cifra risulta ancora più vicina al 25% (un quarto della popolazione), non è neppure troppo lontano il 33% che rappresenterebbe un terzo. Ma andando avanti di questo passo, è evidente, poco ci manca.
Le categorie di cittadini più a rischio sono gli anziani, le famiglie monoreddito, quelle monogenitoriali e quelle con tre o più figli. Stanno meglio in media gli autonomi rispetto ai dipendenti: per i nuclei con reddito principale da lavoro autonomo il reddito mediano nel 2010 è stato di 32.245 euro l’anno, a fronte dei 29.900 euro di quelle con reddito da lavoro dipendente e ai 18.723 di quelle che vivono prevalentemente di pensioni o trasferimenti pubblici. Sono gli anziani soli a disporre di un reddito netto meno elevato: il 50% di queste famiglie ha avuto nel 2010 meno di 13.064 euro (poco più di mille euro mensili). Le famiglie di pensionati sono anche quelle che hanno mostrato i più evidenti segnali di peggioramento tra il 2010 e il 2011.
Il dato dell’Istat è in realtà composto da due categorie, una delle quali sta decisamente peggio e vive al fondo della scala sociale e di reddito: si tratta delle famiglie con una «severa deprivazione», a fronte di quelle «a rischio povertà », che hanno cioè un reddito un po’ più alto. Si può dire, guardando i dati, che la situazione è peggiorata negli ultimi due anni e che vivere in Italia oggi è peggio che stare in qualsiasi altro paese europeo. Il rischio di povertà è infatti più elevato rispetto a quello medio europeo (che si attesta al 24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1%, contro una media dell’8,8%) e del rischio di povertà (19,6%, contro 16,9%).
Scomponendo le due categorie di «inguaiati», si osserva che l’indicatore della povertà è cresciuto di 2,6 punti nel 2011 rispetto al 2010 a causa dall’aumento della quota di persone a rischio di povertà (dal 18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all’11,1%). Dopo l’aumento registrato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) è la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro.
Nel Sud e nelle Isole i redditi familiari sono più bassi del 27% rispetto alla media nazionale. Nel 2010 le famiglie residenti in Italia hanno percepito un reddito netto, esclusi i fitti figurativi, pari in media a 29.786 euro, circa 2.480 euro al mese: ma in realtà è un po’ la media del pollo perché una famiglia su due non prende più di 2.037 euro al mese, e nel centro-sud la metà non supera i 1.665 euro mensili. Il reddito mediano delle famiglie che vivono nel Centro e nel Sud è infatti pari rispettivamente al 94% e al 73% di quello delle famiglie residenti al Nord: la quota è inferiore a quella registrata nel 2009 (96% e 76%), a indicare come il divario tra Nord e Centro-sud si sia insomma ulteriormente accentuato.
Infine, la distribuzione del reddito, come cioè la torta viene divisa: il 20% più ricco delle famiglie residenti in Italia detiene una quota del 37,4% del reddito totale, mentre al 20% più povero spetta appena l’8% del reddito. Si registrano differenze significative anche sul piano territoriale: il 37,3% delle famiglie residenti nel Sud e nelle Isole appartiene al quinto dei redditi più bassi, rispetto al 13,3% di quelle che vivono nel Centro e all’11,4% delle famiglie del Nord. Nello stesso tempo, nel Nord e nel Centro una famiglia su quattro appartiene al quinto più ricco della distribuzione, quello con i redditi più alti, rispetto al 8,6% di quelle che vivono nel Sud e nelle Isole. Pesa su questo dato anche il numero dei componenti: soltanto le famiglie composte da un componente risultano ripartite in misura sostanzialmente uniforme fra i diversi quinti, mentre quelle più numerose, di 5 o più persone, risultano relativamente più concentrate nel quinto più basso (38%) e meno presenti nel quinto più ricco (10,6%).
È «una tragedia annunciata», secondo Adusbef e Federconsumatori: le due associazioni accusano il governo Monti, «troppo impegnato nel rimettere in sesto i bilanci senza preoccuparsi delle gravi conseguenze sui cittadini», e chiedono «più risorse per rilanciare il potere di acquisto di dipendenti e pensionati, da reperire attraverso la lotta all’evasione fiscale e agli sprechi e una maggiore tassazione sui redditi alti».
Related Articles
Cresce il fatturato dell’azzardo. E con esso crescono i costi sociali
Le cifre di Matteo Iori (Conagga) al convegno organizzato dalla campagna “mettiamoci in gioco” parlano di 87 miliardi giocati nei primi 10 mesi del 2012. Don Zappolini (Cnca) sull’Osservatorio voluto da Monopoli e Dpa: “Segnale inquietante”
Piattaforme digitali; 19.816 dipendenti Amazon contagiati dal Covid
Per mesi gli attivisti hanno protestato per ottenere una rilevazione costante e pubblica dei dati e tutelare la salute dei lavoratori. Non si conoscono i dati sui lavoratori in subappalto che effettuano negli Usa le consegne dell’ultimo miglio
Ora Big Pharma fiuta l’affare e studia i vaccini
L’Oms: è una malattia dei Paesi poveri, ma ora sta arrivando in Occidente Il titolo della società più avanti nella ricerca è schizzato: +50%