«Così non gioco più»

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«Il Presidente del Consiglio ha espresso viva preoccupazione per l’urgente necessità  di dare puntuali risposte alle attese dei partner europei con l’approvazione della Legge di Stabilità . Una volta compiuto tale adempimento, rimetterà  il suo mandato al Capo dello Stato». Questa nota scendeva dal Quirinale 13 mesi fa. Cambiato presidente del consiglio, con Mario Monti al posto di Silvio Berlusconi, il succo del comunicato diffuso ieri sera dal Colle al termine del colloquio di due ore tra il Professore e Giorgio Napolitano è lo stesso: dopo l’approvazione della legge di stabilità , il premier rassegnerà  le dimissioni.
Questa volta, però, il presidente della repubblica avrebbe auspicato una conclusione diversa del suo incontro, per poter terminare la legislatura, anche se in leggero anticipo rispetto alla scadenza naturale, nel modo meno traumatico possibile. La tabella di marcia che aveva in mente Napolitano (che addirittura fino a due giorni fa non aveva ancora gettato la spugna rispetto all’approvazione della legge elettorale) avrebbe dovuto portare alle elezioni il 10 marzo, con la massima «serenità » possibile, come aveva auspicato tre giorni fa. Ma basta la nota ufficiale del Quirinale a far capire l’umore del capo del governo: «Il Presidente del Consiglio ha rilevato che la dichiarazione resa ieri in Parlamento dal Segretario del Pdl Angelino Alfano costituisce, nella sostanza, un giudizio di categorica sfiducia nei confronti del Governo e della sua linea di azione». Dunque, Monti «non ritiene possibile l’ulteriore espletamento del suo mandato». E se il Cavaliere ha deciso di aprire le ostilità , il Professore intende rispondere colpo su colpo. Sempre attraverso il comunicato del Colle, fa sapere che verificherà  la possibilità  di approvare quanto prima la legge di stabilità , con le forze politiche che «non intendono assumersi la responsabilità  di provocare l’esercizio provvisorio, rendendo ancora più gravi le conseguenze di una crisi di governo, anche a livello europeo». Subito dopo, le dimissioni «irrevocabili».
In realtà  lo stesso Alfano l’altro giorno alla camera aveva assicurato il sì del Pdl alla legge di stabilità  per «una conclusione ordinata della legislatura» e ieri ha ripetuto il sì «responsabile». Ma la guerriglia parlamentare era tutt’altro che scongiurata. E proprio ieri pomeriggio uno dei relatori sul decreto per il riordino delle province, il pidiellino Filippo Saltamartini, aveva annunciato che mercoledì il suo partito avrebbe presentato la pregiudiziale di incostituzionalità . «Temo che il Vietnam parlamentare stia per cominciare, vedo aria di tempesta», aveva commentato la capogruppo del Pd al senato Anna Finocchiaro. Un modo per dire che sarebbe stato meglio andare a votare il prima possibile, come suggerito pubblicamente ieri da un altro Pd, Francesco Boccia , e come chiesto a Napolitano nell’incontro di venerdì al Quirinale da Pier Luigi Bersani. Preoccupato di restare troppo a lungo a difendere il governo «tecnico» insieme a Casini di fronte al cannoneggiamento elettorale del Pdl. A questo punto, la strada per le elezioni a febbraio è in discesa.
Del resto, Silvio Berlusconi non perde tempo e ancora una volta sceglie Milanello – ormai luogo d’elezione per i suoi comizi «improvvisati» – per aprire la campagna elettorale della ri-discesa in campo al grido di «torno per vincere». Il premier, invece, ieri mattina non aveva rinuncia a fare un salto a Cannes, per una conferenza non imperdibile della World Policy. E da lì aveva dato un antipasto della controffensiva nei confronti del Cavaliere – il cui «strappo» è stato anche un siluro di precisione contro il Monti-bis – pur senza mai nominarlo espressamente. Il rischio populismo? «Il fenomeno esiste anche in Italia – risponde il Professore – è un fenomeno molto diffuso con la tendenza a non vedere la complessità  dei problemi o forse a vederla, ma a nasconderla ai cittadini. Purtroppo questa scorciatoia verso la ricerca del consenso anche attraverso la presentazioni di promesse illusorie sta caratterizzando la vita politica». Per essere ancora più chiaro, Monti insiste: «Mi piacerebbe che l’Italia non si buttasse, o si ributtasse, nella coltivazione delle visioni più viscerali». E poi, rispondendo a una radio francese, la bordata: «Bisogna assolutamente evitare che l’Italia ricada nella situazione precedente quando, prima di questo governo, ha rischiato di essere il detonatore che poteva far saltare l’Eurozona». Insomma, se anche non scenderà  direttamente in campo, Monti dopo il cartellino rosso non intende stare in tribuna.


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