La scalata di Iulian (in carrozzella)

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«Lui ha migliaia di dipendenti, io migliaia di amici. Lui ha le tv? Io ho Facebook». Iulian Craciun, 34 anni, lo sa: la sfida è tosta. Per un posto nella ex Casa del Popolo di Bucarest questo giovane informatico deve battere il sessantaseienne Dan Voiculescu, uno degli uomini più ricchi di Romania, ex informatore della polizia sotto Ceausescu e oggi proprietario del 40% dei media. Le tv del rivale gli hanno consigliato di pensare alla salute. Se sarà  eletto, i tecnici del Parlamento dovranno pensare alla carrozzina: l’ex palazzo presidenziale (l’edificio più vasto del mondo dopo il Pentagono) ha 3.100 stanze, 480 candelieri e 200 mila metri quadri di tappeti, però a 23 anni dalla fine del regime ancora non ha un accesso per le persone diversamente abili. Craciun sarebbe la prima a entrare in Parlamento, in un Paese dove l’accesso stesso alle istituzioni sembra dipendere dai legami con una ristretta e scattante carovana di ricchi e potenti. Una casta spaccata in due: in un angolo il centrodestra di Traian Basescu, presidente dal 2004, al centro del ring l’Unione sociale liberale del favorito, il premier quarantenne Victor Ponta.
«Si combattono come clan mafiosi — dice alla Bbc l’analista Stelian Tanase —. La coabitazione è impossibile». Questa estate Ponta ha cercato il ko ma il referendum per defenestrare Basescu, 61 anni, non ha raggiunto il quorum del 50%. Pur barcollante (i sondaggi lo danno al 19%), l’ex comandante di petroliere potrebbe ricambiare il colpo non affidando all’arcinemico l’incarico di formare il nuovo governo. Molto dipenderà  dai margini di vittoria dell’alleanza per Ponta. La maggioranza che uscirà  dal voto questa domenica ritroverà  gli stessi problemi, dalla corruzione alla crisi. Nei prossimi mesi dovrà  essere negoziato un nuovo prestito con il Fondo monetario internazionale: i tagli ai salari imposti dal precedente accordo hanno reso Basescu così impopolare in patria (e simpatico a Berlino). D’altra parte la disoccupazione record in Paesi come Spagna e Italia non ha innescato un flusso di ritorno tra i 3 milioni di romeni che vivono all’estero (e mandano soldi). L’orizzonte non è limpido visto da Bucarest, con i due clan in lotta (le prossime presidenziali saranno nel 2014) sul filo della Costituzione, e un sistema giudiziario (dalla Corte Costituzionale in giù) che fatica a mantenere lo Stato di diritto tra partigianerie e colpi di mano.
In uno scenario così bloccato, la sfida di Iulian Craciun è uno dei pochi segni di speranza per i giovani. Per due anni a Bucarest ha animato StartEvo, progetto per l’occupazione che ha coinvolto artisti, giornalisti e imprenditori. Se eletto vorrebbe ampliarlo su scala nazionale. È candidato per Forza civica, collegata ai Democratico-liberali di Basescu, che lui definisce «l’opzione meno peggio». Tutti i partiti in Romania sono colpevoli di qualcosa, dice il Davide in carrozzina. Ne sa qualcosa il rivale, senatore Voiculescu, Golia dei media (650 milioni di euro in tasca) che corre con Ponta: sotto processo per corruzione, all’inizio del 2012 si è dimesso dal Parlamento. Eroico? Furbo: ha cambiato residenza costringendo i giudici a rimandare i documenti. Se rieletto, farà  il gioco contrario sperando nella prescrizione. Le chance di Craciun, che ha creato dal niente una piccola impresa informatica combattendo l’atrofia muscolare e un ambiente sociale poco «favorevole», non sono molte. Sulla carta. Ma bisogna credergli: «Non ho lavorato per il vecchio regime, non lavoro per lo Stato, non ho rubato».
Michele Farina


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