«Ma l’esercito tutela i propri interessi economici e diplomatici»

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IL CAIRO — «Con il decreto, già  approvato, che affida ai militari funzioni di polizia, Morsi consente all’esercito di agire come uno dei suoi strumenti in questa battaglia. Ma non mi pare ci sia nulla di nuovo. Era chiaro già  da prima dove si andava a parare. Una gran parte della gerarchia gli è leale, anche perché decapitando i vecchi capi compromessi con Mubarak, Morsi ha aperto la strada al vertice a una nuova generazione di ufficiali».
Ziad Aki Moussa è un analistam del Centro di Studi Politici e Strategici di Al Ahram al Cairo. Ed è anche, ci tiene subito a precisarlo, attivamente coinvolto nel fronte dell’opposizione al potere dei Fratelli Musulmani. Incontriamo Moussa in un caffè di Zamalek, l’isola sul Nilo dove vive la borghesia più ricca della capitale egiziana.
Anche l’invito al dialogo, formulato ieri nella dichiarazione di un portavoce dello Stato Maggiore, è una chiara indicazione: «Essere favorevoli al dialogo senza condizioni in questa fase significa appoggiare il Presidente in carica. E’ una scelta naturale. L’esercito ha grandi interessi, è presente nell’economia, è beneficiario e garante di accordi internazionali. Non può che stare col potere. E’ chiaro che consideri Morsi stabile, forse non forte, ma stabile».
Ma nulla è per sempre. E Moussa è convinto che i militari «appoggeranno Morsi solo fin quando saranno convinti della sua stabilità . Se la pressione dell’opposizione su di lui diventasse tale da renderlo debole, allora non avrebbero esitazioni a mollarlo».
Il vero problema è che l’opposizione non è ancora unita sulla strategia da seguire. Si passa da quelli che vorrebbero dialogare subito, a chi (come ElBaradei) chiede che prima vengano revocati i poteri straordinari e annullato il referendum, a chi addirittura non vuole nessun dialogo ma lo scontro a oltranza. «Il passo avanti è che per la prima volta c’è una leadership, in grado di tradurre la forza della piazza in iniziativa politica: facendo pressione sul potere, lanciando una campagna di informazione sul perché occorre respingere la Costituzione, boicottando gli interessi economici del Fratelli Musulmani».
L’accusa dei Fratelli Musulmani, rilanciata ieri dal suo leader Mohamed el Badie, è che l’opposizione laica voglia rovesciare la volontà  popolare, sancita nelle urne, di cui Morsi è l’espressione. Ziad Aki Moussa non contesta che il movimento politico islamico abbia dalla sua la maggioranza del Paese. «Ma la Costituzione è un’altra cosa, non può essere soggetta a una maggioranza numerica. La Costituzione deve garantire i diritti di tutti, non soltanto quelli dei musulmani. E poi, i deputati della fratellanza non sono stati eletti per scrivere la Costituzione, è un mandato che si sono dati da soli. Vogliono imporre la loro volontà  al resto del Paese. Pensano di poter fare ciò che vogliono, al di fuori di ogni controllo, fino alla prossima elezione. Come Morsi, che si considera intoccabile e fuori discussione per i prossimi 4 anni. Non è così. I contrappesi istituzionali devono poter funzionare. E’ questo il punto centrale della battaglia dell’opposizione».
Cosa non funziona nella carta costituzionale posta a referendum? «In primo luogo mantiene la figura patriarcale del Presidente, che può mettere bocca su tutto. Ma soprattutto contiene eccezioni molto elusive, che possono portare in qualunque direzione. Un solo esempio: dichiara solennemente la libertà  di stampa e l’impossibilità  di chiudere un giornale, tranne che per ragioni di sicurezza nazionale. Ma chi le accerta queste ragioni? Il presidente, ovviamente».


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