La road map del segretario “Ormai siamo un partito nuovo non si può più tornare indietro”

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TRIPOLI — Siamo  nella fase di studio, serve a liberarsi dalle scorie della competizione. Ieri infatti nessuna telefonata. Ma gli sfidanti delle primarie, vincitore e vinto, sembrano pronti per il pranzo a due e per il riconoscimento di un ruolo politico a Matteo Renzi.
Il sindaco di Firenze non vuole certo farsi imbrigliare nelle dinamiche del partito: segreteria, correnti. «Si può dare una mano e avere un’esposizione nazionale anche rimanendo le istituzioni. Io voglio fare così. Del resto Vendola sono anni che lo fa da governatore della Puglia». Il candidato premier Pier Luigi Bersani sa che bisogna andare con i piedi di piombo nel dialogo con lo sconfitto. Ma alcune sue parole lasciano intendere che in un patto per il cambiamento Renzi sarà  protagonista. «Troveremo le forme per collaborare. Ormai siamo un partito nuovo, siamo il partito più aperto del mondo. E non si torna indietro. Chi ha voglia può partecipare in molte forme e più che in passato».
Adesso il pericolo, per entrambi, è dare l’impressione di un inciucio che getterebbe un’ombra sulle primarie. Bersani sgombra subito il campo: «Con Matteo non apriremo tavolini. Non banalizzeremo una cosa seria. Ma io vedo lo spazio per una convergenza di opinione». Porte aperte. L’intesa è da costruire, ma la volontà  c’è. Partendo da un assunto, ripetuto anche in queste ore dal segretario del Pd. «Ha vinto il rinnovamento, è stata sconfitta la rottamazione ». Questo è il punto dirimente.
Arriveranno altri segnali di ricambio generazionale, altre responsabilità 
per volti giovani e sconosciuti, altre valorizzazioni per una nuova classe dirigente. Il ringraziamento pubblico rivolto dal palco della festa al Capranica al responsabile dell’organizzazione Nico Stumpo, dileggiato su Twitter per la vicenda delle regole, rappresenta un segnale per tutti.
Il festeggiamento continua nelle ore che precedono il viaggio a Tripoli del segretario. «Abbiamo preso un buon brodino», dice confermando che le primarie fanno bene, sono un ricostituente per il Pd. Ma è andata addirittura meglio del previsto. «Quando è arrivato il piatto c’era anche qualche cappelletto dentro». Una portata completa ed emiliana, cioè abbondante e saporita. E una metafora pronta per le parodie di Maurizio Crozza.
Ma la sfida vera comincia adesso. Per un paradosso della politica italiana, in questo momento Bersani ha un solo avversario: Mario Monti, ossia il presidente del Consiglio che il Pd sostiene. Il premier, racconta Bersani prima del volo per la Libia, è stato il primo in assoluto a chiamarlo per complimentarsi. «Sono atterrato alle otto e dieci e ha squillato il cellulare. È stata una telefonata molto affettuosa». Se i bersaniani sono convinti che alla fine il Professore sarà  in campo da protagonista e non come riserva della Repubblica, il segretario è sicuro che anche la destra in qualche modo si organizzerà  pur non essendo mai stata così debole. Non solo. Beppe Grillo si è inabissato durante le fasi finali delle primarie, ma Bersani è arciconvinto che riemergerà , che sarà  aggressivo fin dai prossimi giorni. Per questo il Pd teme gli sviluppi sulla legge elettorale. Una legge difesa da Grillo, ma invisa agli elettori che attribuiscono le colpe delle liste bloccate alle forze politiche in Parlamento. Con qualche buona ragione. «Eppure — dicono a Largo del Nazareno — il Pdl sta preparando una trappola. Chiedere il voto segreto alla Camera e affossare
la riforma. Così la colpa ricadrà  su tutti i partiti».
Il rinnovamento e una presenza di Renzi in campagna elettorale accanto al candidato premier con le sue posizioni radicali in grado di intercettare i sentimenti dell’antipolitica, sono perciò indispensabili per arginare il fenomeno 5 stelle. Un’affermazione clamorosa dei grillini, del resto, avrebbe un effetto anche sulla candidatura Bersani. Spaventerebbe i partiti e li riporterebbe forse tra la braccia di un tecnico, anche in caso di una vittoria netta del centrosinistra. L’altro fronte è quello della credibilità  internazionale. Bersani ha deciso di affrontare il problema dal punto di vista del mondo prima ancora che da quello degli equilibri della Ue. La partenza, all’indomani delle primarie, da Tripoli, dal luogo di cambiamenti profondissimi dove gli Stati uniti faticano a trovare un bandolo, lo dimostra.
Un’altra tappa è prevista a breve in Sudamerica. Un modo per dire che la crisi non va preso solo dal lato del rigore ma ha bisogno di economie nuove o in grandissima crescita. Ma nel frattempo riceve una sorta di Endorsement dall’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede: «Il voto delle primarie sembra consentire al vincitore di guidare con sufficiente autorità  il suo schieramento e il Partito democratico (Pd) in una campagna elettorale che cade in un momento particolarmente delicato della vita del Paese. La necessità  di una buona dose di realismo nella ricetta che i partiti intendono proporre per fare uscire l’Italia dalla crisi, è un tema che deve accomunare tanto la sinistra quanto la destra».


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