“Il mondo accetterà  sempre meno l’occupazione della Palestina”

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GERUSALEMME — «Il modo in cui il governo israeliano ha reagito al voto dell’Onu sulla Palestina come Stato osservatore è sbagliato e poco perspicace. Invece di essere il primo paese a riconoscere il nuovo Stato palestinese, Israele ha scelto di reagire in maniera prepotente, tentando di mortificare i palestinesi con un comportamento che di fatto è mortificante per Israele stesso». Dice sempre con libertà  le sue scomode verità  lo scrittore israeliano David Grossman, una coscienza critica nella quale si riconosce una larga parte degli israeliani: «Dopo il voto all’Onu siamo nella situazione paradossale in cui uno Stato democratico, Israele, occupa un altro Stato democratico, la Palestina. Questa situazione sarà  sempre più inaccettabile al resto del mondo».
Piovono critiche, forse mai così dure, dall’Europa e dagli Stati Uniti sulle decisioni del governo Netanyahu.
«Israele ha scelto di punire i palestinesi, ma sostenere che è una reazione ad una loro azione unilaterale è ridicolo. Si è comportato secondo questo principio vergognoso: poiché è stato mortificato all’Onu, Israele ora mortifica i palestinesi. Blocca le tasse che ha riscosso per conto dell’Anp e annuncia la decisione di costruire migliaia di case in un nuovo insediamento. È un passo prepotente, arrogante, che renderà  ancora più difficile la situazione per i palestinesi, interrompendo la continuità  territoriale della Cisgiordania e rendendo Israele oggetto dell’ira anche di quei Paesi che capiscono la complessità  del contesto e vorrebbero davvero arrivare alla pace».
Che pensa della decisione di Abu Mazen di ricorrere all’Onu?
«Sono a favore del passo intrapreso dai palestinesi, prima di tutto perché hanno diritto ad uno Stato: è giunto il momento in cui questo popolo torturato, che ha visto l’occupazione turca, egiziana, inglese, giordana ed israeliana, possa esprimere la propria sovranità  e la propria specifica identità . Proclamare il proprio Stato più o meno nei territori occupati da Israele nel 1967 significa l’accettazione della soluzione “due Stati per due popoli”. Questo mi fa tanto più piacere perché negli ultimi tempi si sono moltiplicate le voci che sostengono che questa soluzione sia sorpassata dagli avvenimenti, mentre ora Abu Mazen conferma tale principio, che dal mio punto di vista è l’unico possibile».
Perché?
«Le alternative sono solo due: la prima è uno stato bi-nazionale, a cui mi oppongo nettamente. Penso che israeliani e palestinesi abbiano diritto, almeno per un certo periodo, a vivere n un loro focolare nazionale. Hanno bisogno di guarire da cento anni di conflitto e di violenza, di crearsi una loro propria identità , che non sia quella nata in rapporto al conflitto. L’altra soluzione, che sembra stia prospettandosi adesso ed a cui mi oppongo in eguale misura, è quella dell’occupazione militare e dell’apartheid».
Pensa che la crisi di Gaza prima e adesso il “caso Onu” possano incidere sul risultato delle elezioni di gennaio dove il premier Netanyahu era già  dato per vincitore?
«E’ diffusa la sensazione che nell’ultimo periodo il governo abbia varcato confini che non erano stati varcati prima, che abbia fatto uso di una forza sproporzionata nei confronti dei palestinesi, ma ritengo che non avrà  alcuna influenza sugli elettori di destra, che in ogni modo sono convinti che tutto il mondo ce l’ha con noi e non capisce i nostri problemi e il pericolo in cui ci troviamo. Credo che gli elettori di centro-sinistra, invece, siano stati scossi da tale reazione e questo potrebbe avere un’influenza sul voto».


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