Israele, la Ue protesta per le colonie
BRUXELLES — Le ritorsioni israeliane per il voto filo-palestinese delle Nazioni Unite hanno avuto l’effetto di ricompattare l’Europa nelle critiche alla politica dello Stato ebraico. Ieri nel giro di poche ore Gran Bretagna, Francia, Spagna, Svezia e Danimarca hanno convocato gli ambasciatori di Israele per protestare contro la decisione di autorizzare nuovi insediamenti di coloni nei Territori occupati. Molto critica anche la reazione del governo tedesco. E la Casa Bianca è tornata a chiedere nuovamente a Israele di «riconsiderare questa decisione unilaterale» e «controproducente ».
Il pressing non ha tuttavia convinto il premier israeliano Netanyahu ad arretrare: ieri non solo ha confermato la costruzione di tremila alloggi per i coloni ebraici nei Territori occupati e il congelamento delle tasse dovute all’Autorità palestinese, ma ha anche minacciato di dare il via ad un nuovo maxi-insediamento di ulteriori 1.700 unità nel sobborgo di Ramat Shlomo che di fatto isolerebbe Gerusalemme dal resto della Palestina.
Già domenica l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton, aveva invitato il governo a recedere sulla decisione annunciata. Ieri si sono mosse le capitali nazionali. Londra e Parigi, dopo essersi consultate, hanno convocato gli ambasciatori israeliani mentre già gli ambasciatori inglese e francese in Israele avevano protestato con il governo ebraico. La mossa anglo-francese è significativa perché, in occasione del voto all’Onu, Parigi e Londra si erano divise: la Francia aveva votato a favore del riconoscimento palestinese, mentre la Gran Bretagna si era astenuta come la Germania. Ora invece il Foreign Office usa toni anche più duri di quelli del Quai d’Orsay.
Secondo la stampa israeliana, Francia e Gran Bretagna sarebbero pronte ad arrivare fino al ritiro degli ambasciatori da Tel Aviv. I due governi hanno smentito, ma con accenti leggermente diversi. Mentre un alto diplomatico britannico ha detto a Sky News che «tutte le opzioni restano sul tavolo», il presidente francese Hollande è stato più conciliante. «Non vogliamo entrare in una logica che sarebbe quella delle sanzioni, ma vogliamo impegnarci in un lavoro di convinzione nei confronti di Israele», ha detto ieri al termine del vertice bilaterale con Monti. Sulla vicenda, il francese e l’italiano hanno espresso identità di vedute. Nel comunicato finale congiunto, Francia e Italia «incitano entrambe le parti a evitare qualsiasi iniziativa unilaterale che potrebbe complicare la ripresa dei negoziati». Il ministro degli Esteri Terzi ha detto che l’Italia ha fatto «ulteriori» passi nei confronti di Israele per invitarla a rivedere le decisioni prese.
Anche Spagna, Svezia e Danimarca ieri hanno convocato gli ambasciatori israeliani per condannare l’operato di Netanyahu che, secondo il ministro degli Esteri spagnolo, «ha fatto proprio le due cose che gli avevamo chiesto di evitare». Quanto allo svedese Bildt ha parlato di «vendetta» contro i palestinesi.
Ancora più significativa è la dura condanna venuta dalla Germania, Paese per ragioni storiche tradizionalmente filo-israeliano che si era astenuto nel voto all’Onu. Israele «sta minando la fiducia internazionale e lo spazio geografico per un futuro Stato palestinese, che è la base per una soluzione a due Stati, sta sparendo», ha accusato il portavoce della Cancelliera. La Merkel ha assicurato che solleverà la questione mercoledì con Netanyahu, che arriva a Berlino per ringraziare il governo tedesco dell’astensione all’Onu. Non sarà un colloquio gradevole.
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