Monti e Hollande varano la Tav «Opera strategica per l’Europa»
LIONE — «L’amico Hollande», «il grande europeo Monti», la Francia e l’Italia «convergenti e unite» nel trattare con la Germania sull’euro: il 30° vertice italo-francese ieri a Lione è stata la celebrazione di relazioni bilaterali tornate eccellenti dopo anni difficili, l’esibizione di rapporti personali idilliaci tra i due capi dell’esecutivo, e il rilancio — anche simbolicamente importante — della Tav, che metterà Milano e Parigi a sole quattro ore di treno (oggi ce ne vogliono più di sette).
Fuori dal palazzo della prefettura, sede dell’incontro, un migliaio di manifestanti hanno protestato, tra lacrimogeni e spray urticanti, contro un’opera colossale che giudicano inutile se non dannosa: nelle ultime settimane è cresciuta anche in Francia un’opposizione che fa delle lotte alla «Lyon-Turin» e al progetto di nuovo aeroporto a Nantes un’unica battaglia anti-capitalista e anti-globalizzazione, guidata almeno mediaticamente da un redivivo José Bové. Ma più che dai no Tav al di qua e al di là delle Alpi, l’incognita decisiva per l’attuazione finale dell’opera viene dall’Europa, non a caso più volte evocata durante la conferenza stampa finale.
Sotto gli occhi di Hollande e Monti, i ministri Corrado Passera e Frédéric Cuvillier hanno firmato una dichiarazione comune che conferma l’«interesse strategico» del collegamento ferroviario ad alta velocità tra Lione e Torino. «È un’opera fondamentale per i nostri due Paesi, per il rilancio delle nostre economie, ma anche per tutta l’Unione. C’è in gioco l’idea dell’Europa», ha detto il presidente Hollande, non a caso mentre ricordava qual è la ripartizione dei costi: «La Tav è stata già finanziata al 50 per cento dalla Commissione europea per quanto riguarda la fase di studio, e lo sarà al 40% per lo scavo del tunnel». Degli 8 miliardi e mezzo necessari per forare le Alpi, 2,9 saranno pagati dall’Italia, 2,2 dalla Francia e il resto, 3,4, dall’Europa.
La galleria di 57 chilometri è l’opera più significativa e urgente, e consentirà di ridurre della metà (da circa 150 a 70 minuti) il tempo impiegato per percorrere il tratto sotto le Alpi; se a questa si aggiunge l’ammodernamento di tutta la linea da Torino a Lione (235 km) secondo gli standard tecnologici più alti, il costo finale della Torino-Lione arriverà a oltre 25 miliardi di euro. La messa in servizio, a lungo prevista per il 2025, slitta sia pur di poco: l’Eliseo parla del 2028-2029 come data probabile, con un termine vincolante fissato entro il 2030.
Monti e Hollande si sono detti certi che i Parlamenti nazionali ratificheranno al più presto — cioè prima dello scioglimento delle Camere per le elezioni italiane — l’accordo internazionale già stipulato il 30 gennaio scorso. Ma che farà l’Europa, che deve fornire il 40% del costo del tunnel, e che pochi giorni fa non è riuscita ad approvare il budget 2014-2020? Per questo Monti e Hollande hanno più volte sottolineato il valore generale, a vantaggio di tutta l’Unione, dell’opera. «Più supereremo gli ostacoli nazionali alla Tav, con determinazione e capacità di persuasione, più potremo convincere la Ue», ha detto Monti.
Gli «ostacoli nazionali» ieri hanno unito le forze, scontrandosi con la polizia nel centro di Lione, e obiettano che la Tav ormai è inutile perché negli ultimi anni il traffico su gomma è diminuito e quindi non c’è alcun bisogno di spostare il trasporto merci su rotaia. «È una logica che non regge — dice il commissario italiano per la Torino-Lione, Mario Virano —. Gli scambi sono diminuiti proprio perché affidati a infrastrutture fatiscenti che risalgono ai tempi di Cavour».
Nel 1995 fu Jacques Delors a inserire l’alta velocità Lione-Torino nelle priorità europee, uno dei suoi ultimi atti da presidente della Commissione. Quasi vent’anni dopo, la palla ora torna nel campo dell’Europa.
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