Tornano in piazza gli operai di Cornigliano

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Giornalisti e fotografi e operai si spostano a destra e sinistra come per far largo. Poi all’improvviso l’attenzione va verso salita Santa Caterina, c’è un vociare, uno scambio di insulti. In un primo tempo sembra una lite tra due operai. Invece si è materializzato il sindaco Marco Doria. Discute con un gruppo di lavoratori dell’Ilva di Cornigliano. Il motore romba ancora, nuovamente tutti gridano «in prefettura». Secondi drammatici. Quindi il primo cittadino si piazza tra mezzo e portone. È finita così a Genova la presa del palazzo. 
A causa anche della manganellata l’altro ieri a un operaio di 53 anni, data col manico del manganello (a Genova questo ricorda sempre i tonfa del G8), ieri i lavoratori erano incazzatissimi. La nuova manifestazione è partita all’alba, dopo un’assemblea alle sei di mattina alla quale si è unita anche la delegazione che era andata a Montecitorio. Tutti nuovamente in strada, operai e impiegati ma con parecchi mezzi pesanti per bloccare meglio le strade. I cammellati, quelli che non avendo mai aderito a uno sciopero vero escono solo quando glielo dice la dirigenza, non ci sono. Oggi, con il decreto in arrivo, si vede che non era il caso. Insieme a quelli dell’Ilva ci sono gli operai di Ansaldo energia a rischio scissione e anche i tramvieri, perché l’azienda Amt entro la fine dell’anno potrebbe fallire dopo un’iniezione di 5 milioni e mezzo da parte del Comune già  divorati da un buco in bilancio di diversi milioni. Quando arrivano al terminal traghetti, arriva la notizia del ritrovamento del corpo dell’operaio tarantino. La folla si ferma per un minuto di silenzio. Poi riprende la strada urlando contro governo e politici: «La rovina dell’Italia siete voi» e polizia etc, il più riferibile: «Noi non siamo criminali, siamo solo lavoratori». «Il marcio non è adesso, è nato prima – dice un operaio – Finché hanno preso mazzette andava tutto bene. Ma i tumori c’erano anche 50 ani fa». Un altro aggiunge: «Fossimo uno Stato un po’ più serio le situazioni cambierebbero. L’azienda non è stata monitorata negli anni. Lo Stato è complice. Ora devono trovare delle soluzioni. Dovrebbero obbligare l’imprenditore a ottemperare all’Aia, ma la lavorazione delle materie prime ce la dobbiamo tenere. Mi pare che l’acciaio sia lo 0,5 % del Pil, ha una sua importanza». 
La giornata non finisce più, il freddo morde. Anche un sindacalista navigato come Bruno Manganaro della Fiom genovese comincia ad avere dei dubbi «se anche Ferrante il giorno dell’incontro a Roma se ne esce che se chiude Taranto chiudono anche Genova e Novi, mi pare di capire che non abbia nessuna fiducia nel governo. Quindi che cosa ci dobbiamo aspettare da questo decreto?». Il sindaco anticipa che ci sarebbe l’ipotesi di continuare a lavorare per 24 mesi e questo permetterebbe alle fabbriche del nord di proseguire le lavorazioni a freddo. 
Nel tardo pomeriggio gira la voce che Roma rimandi fino a mercoledì. Gli operai sono pronti a restare in strada, davanti alla prefettura genovese ad oltranza. Intanto il traffico è impazzito dato che per tutta la giornata è bloccata una delle arterie principali: non solo via Roma, ma anche le gallerie, Piccapietra, la discesa a Brignole, la salita a Manin e quindi il passaggio alla Valbisagno. Una parte del corteo ha anche fatto una puntata in sopraelevata. E’ ormai buio quando arrivano gli studenti di una manifestazione a difesa della scuola pubblica. Da Roma arrivano le notizie sulla conferenza stampa di Monti. Genova è salva. Sono le sei di sera e gli operai genovesi smobilitano tornando a Cornigliano in corteo.


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